mercoledì 8 maggio 2019

Pavilion Lautania Virtual Valley / IDENTITY OF ARTIST / Marginal Active Resistances



Pavilion Lautania Virtual Valley / Spazio Ophen Virtual Art Museum
Shozo Shimamoto - Guglielmo Achille Cavellini - Ryosuke  Cohen                                                                                                                  

IDENTITY OF ARTIST / Marginal Active Resistances




Tre proposte  internazionali indipendenti con un testo di Sandro  Bongiani presentate in contemporanea con la 58th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2019 e in  occasione del decennale dello Spazio Ophen Virtual Art Gallery.                                                

Inaugurazione lunedì 13 maggio 2019 ore 18:30   
13 maggio - 24 agosto 2019
                                                 
                                                         

Lunedì 13 maggio alle ore 18.30 lo  Spazio Ophen Virtual Art Museum è lieta di inaugurare IDENTITY OF ARTIST / Marginal Active Resistances, tre personali dedicate a tre artisti di confine “marginal attivi” presentati negli spazi del Pavilion Lautania in contemporanea con la  58th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2019. Le rispettive mostre sono accompagnate da un testo critico di Sandro Bongiani e sono visitabili fino al 24 agosto 2019.


Lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery in occasione della 58° Biennale di Venezia 2019, intende dedicare l’attenzione come evento indipendente e collaterale presso il “Pavilion  Lautania  Virtual  Valley”  a Shozo Shimamoto, Guglielmo Achille Cavellini e Ryosuke Cohen  che riassumono compiutamente il lavoro di una ricerca marginal-attiva   che inizia tra gli anni 50 e 60’  con Shozo Shimamoto, G. Achille. Cavellini, fino al lavoro recente  svolto dal giapponese Ryosuke Cohen. In linea con il tema generale May You Live In Interesting Times”  della 58th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2019 che indaga sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale, con una lettura della realtà osservata da più punti di vista, fra modi diversi di interpretare il mondo. Per questo evento internazionale vengono presentati 24 opere ciascuno dei tre artisti, in  tre sale personali diverse, proponendo le performances, le opere Bottle crash, gli interventi Head body e le proiezioni sulla testa di Shozo Shimamoto, considerata dall’artista del gruppo Gutai la più piccola galleria al mondo, il ciclo dei lavori Pop degli anni 60’, i Carboni e le Casse che contengono opere distrutte create tra la fine degli anni 60 e i primi anni del 70’ di Guglielmo Achille Cavellini e il lavoro dell’artista Ryosuke Cohen, ancora attivo, che presenta una serie di Brain Cell e diversi Fractal Portrait Project realizzati in questi ultimi anni fino ai lavori recenti del 2019 in oltre 33 anni di continua e assidua ricerca. Le opere  ancora poco conosciute al grande pubblico dei tre artisti nascono dal bisogno  di collocarsi al di là di un confine, in un’area di ricerca “marginale” capace di definire  e porsi in forma alternativa alle ricerche ripetitive prodotte dal sistema ufficiale dell’arte. Un’invenzione giocata a tutto campo su   “universi possibili”, intesa come il luogo privilegiato per rilevare nuove ipotesi di lavoro  che nella dimensione creativa e mentale suggeriscono  nuove possibilità di ricerca, tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. Permane in loro la proposta convincente di  una ricerca volutamente di confine  in un particolare campo di azione  svolto tra performance, scrittura e rappresentazione, come  spartiacque al  modo  omologato e spesso monotono proposto dal sistema istituzionale dell’arte. 

Si ringrazia l’Associazione Shozo Shimamoto di Napoli, l’Archivio Guglielmo Achille Cavellini di Brescia, l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya - Hyogo (Giappone), la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno e diversi altri archivi pubblici e privati per aver concesso le opere e aver permesso la realizzazione di questo importante evento internazionale.   




Pavilion Lautania 
Spazio Ophen Virtual Art Museum   

Via S. Calenda, 105/D – Salerno (Italy). Tel/Fax 089 5648159
e-mail:  bongianimuseum@gmail.com    
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00 



BIOGRAFIA

SHOZO SHIMAMOTO

Osaka 1928 - 2013, Japan

Shozo Shimamoto nasce ad Osaka, in Giappone, nel 1928. Co-fondatore del gruppo Gutai, insieme a Jiro Yoshihara, è stato uno degli artisti più sperimentatori del secondo dopoguerra. Il Gutai, primo movimento artistico radicale del Giappone, si sviluppa sul finire degli anni Cinquanta quasi in contemporanea all’arte informale europea e americana, con l’intento di rinnovare la tradizione artistica giapponese. Le prime sperimentazioni artistiche, gli Ana (Buchi), risalenti aalla fine degli anni quaranta, consistono in una serie di fogli di carta coperti da uno strato bianco di colore, su cui strofina il proprio corpo fino a creare degli squarci. Dopo aver frequentato assiduamente lo studio di Yoshihara, decide, insieme col maestro, di fondare il gruppo Gutai – Movimento d’Arte Concreta, nel 1954 A questi primi esperimenti segue Cannon Work, in cui colore è sparato sulla tela attraverso un piccolo cannone, opera che costituisce l’inizio del percorso dedicato alla liberazione casuale dell’espressività della materia. Da lì a poco Shimamoto sviluppa la tecnica del bottle crash, una pratica consistente nel lanciare bottiglie piene di colore sulla tela. L’opera diviene il risultato di un processo di relazione tra gesto e materia, tra azione e colore, il cui leitmotiv è la casualità e l’artista è attore e interprete di un’azione performativa che viene condivisa con il pubblico, testimone e completamento dello scenario di colore costruito dall’artista. Nel 1972, con la morte di Yoshihara, Shimamoto s’interessa alla Mail Art, pratica d’avanguardia che consta di invii di lettere, cartoline, buste e simili, innalzati al grado di artisticità da manipolazioni ad hoc e recapitati a uno o a più destinatari tramite posta. Shimamoto ne sviluppa una concezione personale: la sua testa rasata diviene il mezzo su cui scrivere, dipingere o apporre oggetti. Nel 1987 viene invitato dal Museo di Dallas a celebrare il centenario della nascita di Duchamp, per il quale proietta messaggi di pace e spezzoni di film sulla sua testa. Negli anni Novanta recupera la tecnica del Bottle Crash, riempiendola di nuovi significati, e realizza una serie di performances in America e in tutta Europa. Nel 2004 realizza una performance in elicottero come anticipazione della successiva Biennale di Venezia del 2005. Nel maggio 2006 la Fondazione Morra di Napoli ospita una performance “Un’arma per la Pace”, nella storica Piazza Dante, in cui l’artista giapponese getta una sfera piena di colori su una tela, sollevato dal braccio di una gru e accompagnato al pianoforte da Charlemagne Palestine.  Muore ad Osaka nel 2013.


BIOGRAFIA

GUGLIELMO ACHILLE CAVELLINI

Brescia 1914 -1990

Nasce a Brescia nel 1914 in una famiglia di commercianti, alla cui attività collaborerà per gran parte della sua esistenza, assicurandosi un’autonomia economica che sarà condizione essenziale per la sua indipendenza artistica. Dopo alcune prove di iniziazione al disegno e sporadici tentativi pittorici interrompe quello che sembra un desiderio innato per convogliare tutta la sua capacità espressiva in un progetto collezionistico che lo vedrà giungere ai vertici internazionali raccogliendo e promuovendo le opere degli artisti suoi contemporanei impegnati in una ricerca informale-astratta. Riprende nei primi anni Sessanta un’attività personale sentendosi pronto a ripartire dall’esperienza fatta come collezionista per cercare una propria autonomia di linguaggio. Già da allora prova a coniugare il lavoro di altri autori in un processo di appropriazione che porterà avanti durante tutta la sua attività artistica. Parte dall’esperienza pittorico informale che modula attraverso un segno autonomo che sottolinea la scrittura autobiografica e coinvolge elementi della sua realtà personale. Nel 1965 usa gli oggetti della sua attività quotidiana unendoli a sfondi di scarto industriale in una sorta di autobiografia oggettuale. Vengono poi le cassette che contengono le sue opere precedenti soggette ad una sistematica autodistruzione e gli omaggi ad autori che rappresentano la storia dell’arte in forma di francobollo celebrativo o di ricostruzione fantastica delle loro opere più famose in cui inizia a rapportare se stesso. Dal 1968 produce i carboni bruciati con cui estende i due concetti di distruzione e celebrazione in un lavoro sistematico ed accurato su di una buona fetta della storia dell’arte. Nel 1971 conia il termine “autostoricizzazione” attraverso il quale prende forma una ramificata elaborazione concettuale che lo porta ad esporre se stesso al centro della propria opera in una specie di combattimento ideale con il sistema artistico di cui si fa analitico destrutturatore. Questo concetto da allora sarà il motore del suo lavoro che prenderà le forme più varie ed articolate, da una proliferante ed ossessiva riscrittura della propria biografia sulla realtà circostante alla formulazione delle “mostre a domicilio”, libri opera che lo condurranno al centro di un circuito mailartistico internazionale di cui fu uno dei più celebrati esponenti. Muore a Brescia nel 1990, fino all’ultimo al lavoro secondo una personale concezione del rapporto tra arte e vita di cui fu uno strenuo paladino. 

BIOGRAFIA

RYOSUKE  COHEN

Osaka 1948, vive e opera in Japan

Ryosuke Cohen, nato nel 1948, Osaka, in Giappone. Il nome della famiglia è Kouen  ma su consiglio di Byron Black, ha adottato  il nome  inglese  'Cohen' come in ebraico. Cohen scoprì la mail art in Canadà.  Ryosuke è il figlio di un noto scrittore di haiku in Giappone, Jyunichi Koen. I primi lavori di Cohen sono il risultato di un misto di tradizione e immaginario giapponese, numeri  e icone contemporanee  così com’è la sua firma, la lettera "C". L’artista giapponese per lungo tempo è stato interessato al movimento  Dada e Fluxus,  in contatto con Shozo Shimamoto e i membri del gruppo Gutai  condividendo in modo spontaneo e naturale un nuovo modo di fare arte contemporanea. Ryosuke non è il primo artista postale e marginale giapponese, ma sicuramente è l’autore giapponese più interessante nel network internazionale.  Dopo Ray Johnson e  Guglielmo Achille Cavellini, anche Ryosuke Cohen  rimette  ancora una volta in gioco le carte della sperimentazione in  un sistema culturale antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere mercificata. Lo fa  proponendo un particolare suo progetto “Brain Cell” (Cellula celebrale), iniziato nel giugno 1985 con  migliaia di membri  sparsi in oltre 80 paesi.  Un lavoro che raccoglie  ogni 7-10 giorni circa le immagini di tanti artisti su un'unica pagina allegando un elenco di indirizzi di collaboratori, 55 in media per opera, che lo ha visto coinvolto per oltre  tre decenni.  Nell’agosto 2001 ha iniziato in Italia  il progetto “Fractal Portrait”, facendo ritratti e silhouette del corpo ai suoi amici artisti in occasione dei  vari Meeting   svolti in diverse parti del mondo; Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Irlanda del Nord, Spagna, Jugoslavia, Germania, Olanda, Corea, Italia e Francia.  Cohen è l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio,  che nasce  dal contributo degli altri e  si materializza insieme  nella collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente e  appassionatamente coinvolti nella  creazione dell’opera,   rifiutando l’opera unica e concetti  consueti come l’originalità e quindi, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca  e la libertà concreta dell’artista volutamente collocato ai margini dell’attuale sistema culturale. Per questo modo di fare, egli è forse il più  interessante e attivo artista nella rete di chiunque altro per la capacità organizzativa del progetto e per diffusione capillare dell’arte marginale. In oltre 33 anni di lavoro ha esposto con mostre e svolto performance  e incontri  in diverse aree geografiche del  mondo. Vive a Ashiya-City Hyogo in Giappone.

 


venerdì 3 maggio 2019

Napoli / Lettera da Citera | personale di Marcello Diotallevi




Lettera da Citera |personale di Marcello Diotallevi
lineadarte Lineadarte Officina Creativa 


Dal 3 al 24 maggio 2019
Vernissage venerdì 3 maggio ore 18.30
 presso Lineadarte Officina Creativa via S.Paolo ai Tribunali, 31 Napoli


Inaugura il 3 maggio la mostra “Lettere da Citera” di Marcello Diotallevi alla galleria, “vascio laboratorio” di  Lineadarte Officina  creativa via San Paolo ai Tribunali 31, Napoli. Citera è un’isola dedicata alla dea romana dell’amore e della bellezza,Venere: proprio alla divinità femminile è dedicata questa raccolta di immagini femminili  in fotoxerografia  dattiloscritte  realizzate su carta formato A4.





Marcello Diotallevi, classe 1942, sul finire degli anni Settanta ha iniziato le sue irruzioni nell’area della Poesia Visiva, utilizzando le lettere dell’alfabeto per accumuli, disseminazioni liberati da qualsiasi senso  e significato letterale, e in questi ultimi anni, anche del recupero del colore  e dell’uso gioioso della pittura. Artista di voli a cielo aperto di  “parole al vento”,  di  insolite lettere senza destinatario che ritornano al mittente; lettere in cui l’accumulazione grafica di simboli di tipo grafico creano nuove associazioni sempre imprevedibili e nuove,  disarticolando il linguaggio  e riducendolo a pezzi. L’intera produzione  dell’artista di Fano nasce dall'ibridazione dei linguaggi fino a sconfinare con convincente disinvoltura nella poesia visiva. Di questi ludici interventi provocatori   ne è responsabile Marcel Duchamp artista amato da Marcello per la componente estetica e concettuale. Anche le lettere da Citera, opere realizzate su carta (cm 21x30) con tecnica di dattilografia su foto xerografia, rispettano questa attenzione e rigorosa severità alla composizione e al poetico messaggio nascosto e ibridato tra i lineamenti  definiti del corpo. Dedicate alla donna, nascono per essere lette e magari decifrate. Francobollo, lettera e lettere dell’alfabeto diventano così gesto d’amore e nel contempo  veicolo alla ricerca di un ipotetico destinatario. Una sorta di volo poetico  dentro la fantasia e l’incanto  con   la messa a fuoco di  presenze che cercano di esercitarsi al viaggio e  condividere l’in-definito. Lettere dal destino vago relazionano tra gli oscuri anfratti della mente con immaginari  francobolli in attesa che qualche  possibile destinatario possa decrittare gli oscuri presagi della parola, si aggrappano avidamente all'immaginazione e si lasciano trasportare al flusso delle correnti, coscienti  di non poter essere più significato compiuto ma  sola  presenza e indizio sfuggente.     Sandro  Bongiani













Biografia  di Marcello Diotallevi


Marcello Diotallevi
  è nato nel 1942 a Fano. E’ vissuto per lungo tempo a Roma dove per un decennio ha esercitato l’attività di restauratore presso il Laboratorio di Restauro in Vaticano. Ha inizio in quegli anni anche la sua attività artistica all’insegna dell’irrequietezza. Come pittore prima, poi come scultore nei primi anni Settanta, quindi per qualche tempo si occupa di grafica e infine inizia a scrivere. Sul finire degli anni Settanta hanno inizio le sue incursioni nell’area della Mail Art e della Poesia Visiva di cui è tuttora un impegnato protagonista. In oltre un quarto di secolo di attività artistica ha collaborato con suoi interventi a libri e riviste nazionali e internazionali. Nel corso del tempo ha tenuto varie mostre personali nelle maggiori città italiane, partecipando nel contempo a esposizione collettive in tutto il mondo. Fa parte del gruppo di intervento artistico “I metanetworker in spirit”. Si occupa in prevalenza di installazione, Poesia Visiva e Mail Art. E’ l’autore della copertina della Guida al Musée National d’Art Moderne – Centre Georges Pompidou di Parigi (Hazan Editeur 1983). Nel 2003 riceve l’invito a tenere una performance nella Sezione “Extra 50” della 50esima Edizione Internazionale d’Arte – Biennale di Venezia ma, non essendo egli un performer, declina l’invito. Nel 2007 è stato invitato alla 52esima Biennale di Venezia e poi nel 2011 alla 54 Biennale di Venezia, Padiglione Tibet, a cura di Ruggero  Maggi. Dal 1974 vive e lavora a Fano.
  


Marcello Diotallevi – studio  via Veneto, 59 – 61032 Fano – Italia


domenica 21 aprile 2019

AUGURI DI BUONE FESTE DA EXIBART.COM








BUONE  FESTE


"Ogni figura ha l'aria di andare per conto suo, tutta sola, in una direzione che le altre ignorano. Si incrociano, si sorpassano, senza vedersi, senza guardarsi. Non raggiungeranno forse mai la loro meta. [...] L'unica cosa che mi appassiona è cercare comunque di avvicinarmi a questa visione che mi pare impossibile rendere". 



Alberto Giacometti,  Falling Man, bronze  23,11 x 13,77 x 12,59 in.  1950 - Collection Private collection.

venerdì 5 aprile 2019

LA CERAMICA D’AUTORE, RINASCE TRA VIETRI E RAITO




Mostra Personale di  Laura Marmai
“Suggestioni  Pasquali”
Sede FAI  Via Portacatena  50 – Salerno
Dal 5 al 26 aprile 2019

 



LA CERAMICA  D’AUTORE,
RINASCE TRA VIETRI   RAITO

Laura Marmai, friulana di nascita e  salernitana di adozione,  da sempre innamorata della ceramica e del sortilegio della fucina vietrese, ha sempre cercato  nella realizzazione dell’oggetto ceramico la ricerca e la sperimentazione. A contatto con ceramisti d’eccezione come lo sono Pasquale e Lucio Liguori, Francesco Raimondi e Nello Ferrigno, votati da sempre alla magia e al sortilegio della creazione, Marmai ha saputo maturare una visione personale che la porta oggi ad essere un’interprete attenta e originale nel panorama della ceramica vietrese. Lo stesso Nello Ferrigno che la presenta per questo importante evento a Salerno scrive: “Il nostro territorio, nel qual Laura è inserita a pieno titolo, è ricco di artisti ed artigiani della ceramica. In questo contesto, lei è riuscita a discernere i personaggi che più potevano interessarla ed a trarne linfa vitale per i suoi lavori; ha guardato anche oltre i nostri confini, ha studiato le opere di altre realtà ed ha inserito tutte queste informazioni in un database che le ha permesso di trovare una sua cifra che la identifica e la contraddistingue”.

Tra Vietri e Raito, negli anni Venti  e Quaranta, la storia ci racconta che vi è stato l’importante apporto di artisti stranieri: olandesi e tedeschi, il cosiddetto “periodo tedesco”,  richiamati proprio dalla luce del sole della Costiera Amalfitana, Gunther Stüdemann, Leo Anzengruber, Elsie Dölker oltre che dalla personalità di Richard Dolker, maestro delle Kunstwerbeschule di Stoccarda, artefice della rinascita della ceramica vietrese del primo dopoguerra. Non ultimo, dobbiamo considerare anche l’artista vietrese Guido Gambone, che ha portato avanti l’eredità dei loro predecessori introdussero innovazioni nello stile della tradizione grazie anche alle influenze delle avanguardie storiche del primo novecento. Una storia straordinaria fiorita per caso a contatto della zona collinare e la costiera salernitana. La produzione delle ceramiche artistiche di Vietri sul Mare, famose in tutto il mondo,  rimane una delle realtà più importanti della regione Campania, tuttavia, dopo quel magico periodo tedesco, diversi autori si sono votati ad una produzione “turistica”, ripetendo  modi di fare  che fanno parte solo della tradizione e del passato. Una nuova spinta e un grande nuovo apporto alla ceramica d’autore viene dato oggi dalla ricerca di importanti autori attenti alla contaminazione e al rinnovamento di questa pratica artigianale e anche da Laura Marmai, di formazione pittrice e ora anche grande ceramista, che nella piena maturità, alla ricerca dell’insolita  e misteriosa bellezza, ci offre risultati di qualità grazie anche al suo innato senso coloristico  e decorativo, nato tanti anni fa dall’amore per tutta la pittura moderna e soprattutto per Gustav Klimt. Delle invenzioni coloristiche dell’artista austriaco recupera il forte cromatismo, “lo stile fiorito”, il controllo della forma, un sapiente equilibrio dei contrasti timbrici e persino   la serenità di un’arte senza tempo. Vi è  soltanto da sperare che questo processo di ricerca e di rinnovamento intrapreso da Laura Marmai e da diversi altri autori vietresi non si interrompa e che possa essere di aiuto favorendo nuove opportunità di rilancio di questa pratica aiutati soprattutto da una giusta politica culturale da parte dei comuni interessati, affinché si possa proseguire  con impegno e consolidare  questa realtà ormai internazionale della ceramica d’autore.     
Sandro  Bongiani




Le opere:











Mostra segnalata da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

giovedì 4 aprile 2019

VIA CRUCIS / Nel Segno della Croce, Icona e Simbolo della Cristianità




La Collettiva 
Nel Segno della Croce: Icona e Simbolo della Cristianità

Dal 28 marzo al 22 aprile 2019 al Museo Diocesano di Salerno





Il portale web di promozione territoriale 7salerno, in collaborazione con 7network e con il Museo Diocesano San Matteo di Salerno, nell’ambito della “Rassegna Salerno Città d’Arte 2019” organizza la terza edizione della Mostra d’Arte Contemporanea Nel Segno della Croce: Icona e Simbolo della Cristianità, che si terrà nel prestigioso Museo Diocesano San Matteo a Salerno dal 28 marzo al 22 aprile 2019

Il TEMA scelto dal direttore del Museo, don Luigi Aversa, di concerto con i curatori ed organizzatori, è la VIA CRUCIS, proposta dalla Chiesa moderna a tutti i Popoli, in un’ottica di dialogo e di collaborazione tra tutte le genti.


Gli Artisti, chiamati a partecipare negli ambiti di Pittura, Incisione, Ceramica, Fotografia, Grafica, Installazione, hanno scelto ognuno una Stazione“pensandola e sviluppandola in maniera assolutamente autonoma e personale, libera da stilemi e paradigmi cristallizzati” ha spiegato l’architetto Pasquale Cicalese, curatore dell’allestimento.



Museo Diocesano di Salerno


“La versione della Via Crucis proposta agli Artisti - spiega la curatrice, dr.ssa Maria Rosaria Voccia, giornalista, e direttore responsabile del sito di informazione www.sevensalerno.it  - è quella del 1991, voluta da Papa Giovanni Paolo II”.


Lo schema:

Gesù nell’orto degli ulivi (Marco 14,32-36)

Gesù, tradito da Giuda, è arrestato (Marco 14,45-46)

Gesù è condannato dal Sinedrio (Marco 14,55.60-64)

Gesù è rinnegato da Pietro (Marco 14,66-72)

Gesù è giudicato da Pilato (Marco 15,14-15)

Gesù è flagellato e coronato di spine (Marco 15,17-19)

Gesù è caricato della croce (Marco 15,20)

Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la croce (Marco 15,21)

Gesù incontra le donne di Gerusalemme (Luca 23,27-28)

Gesù è crocifisso (Marco 15,24)

Gesù promette il suo regno al buon ladrone (Luca 23,39-42)

Gesù in croce, la madre e il discepolo (Giovanni 19,26-27)

Gesù muore sulla croce (Marco 15,33-39)

Gesù è deposto nel sepolcro (Marco 15,40-46)

Gesù risorge: La Via Lucis, come meditazione gioiosa della Risurrezione di Cristo.



Le Opere:








Gli Artisti:

Ivad Bassil, Nino Borrelli, Giovanna Capraro, Barbara Cotignoli, Anna de Rosa, Rosa Liotto, Paolo Menduni, Iole Mustaro, Giuliano Napoli, Maya Pacifico, Mauro Paparella, Michele Sommino, Francesco Tortora, Umberto T. Vocaturo.

Al di fuori del percorso della Via Crucis, l’installazione dell’architetto Pasquale Cicalese, che contempla tutte e quindici le Stazioni, estrapolate dal film di Pier Paolo Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo”.

L’evento, fortemente voluto dalla Curia, in sinergia con il Museo Diocesano San Matteo di Salerno, ha riscosso notevole successo già nel 2016 e nel 2018.




Curatela, Comunicazione e Ufficio Stampa dr.ssa Maria Rosaria Voccia

Allestimento su progetto dell’architetto Pasquale Cicalese

Riprese video e fotografie di Paolo Menduni

Nel Segno della Croce: Icona & Simbolo della Cristianità è un Format di Sevensalerno- Pasquale Cicalese & Maria Rosaria Voccia

Organizzazione, Comunicazione e Promozione Sevensalerno, Maria Rosaria Voccia, Pasquale Cicalese, in sinergia con il Museo Diocesano San Matteo di Salerno


Mostra segnalata da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

martedì 26 marzo 2019

Alessandra Angelini / XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano.




Broken Nature: Design Takes on Human Survival
1 MAR - 1 SET 2019

A cura di Paola Antonelli

Partecipazioni Internazionali: Algeria, Australia, Austria, Cina, Cuba, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Libano, Lituania, Myanmar, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Russia, Slovenia, Sri Lanka, Stati Uniti, Tunisia.



La XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano è intitolata Broken Nature: Design Takes on Human Survival ed è a cura di Paola Antonelli, Senior Curator del Dipartimento di Architettura e Design e direttrice del reparto Ricerca e Sviluppo al MoMA.  La Triennale riafferma la propria decisione di dare una nuova continuità all’Esposizione Internazionale, la cui XXI edizione è stata organizzata nel 2016, dopo vent’anni di pausa. L'esposizione è composta da una mostra tematica e da 22 Partecipazioni Internazionali che coprono tutti i continenti offrendo una proposta diversificata in termini di temi, prospettive, contesti e provenienze.
Broken Nature è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi, se non completamente distrutti. La XXII Triennale di Milano, analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie, su diverse scale, che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. La mostra tematica comprende una selezione di un centinaio di progetti degli ultimi tre decenni, esempi di design, architettura e arte ricostituente provenienti da tutto il mondo, propongono approcci creativi che mirano a correggere il corso autodistruttivo dell’umanità ma anche a pensare in maniera diversa alla nostra relazione con l’ambiente e con tutte le specie presenti sul pianeta, inclusi gli esseri umani. Per la prima volta vengono inseriti in un unico dialogo e in un unico spazio, allo scopo di svelare il potenziale del design come catalizzatore di cambiamenti sociali e comportamentali. 

L'opera di Alessandra Angelini in mostra al padiglione cinese, artista e docente all’Accademia di Brera, interpreta il rapporto dell’Uomo con la Natura in un’emozionante opera dal titolo Foresta. Una Xilografia su legno di filo, foglia oro, rame e argento. Esemplari unici stampati dall'artista su piallacci naturali di legno. Così descrive la sua opera: “FORESTA desidera ricordare a tutti noi l'importanza  della natura e il corretto uso dei processi industriali. E’ affascinante spingere la natura forte  e decisa del legno verso i confini delicati e talvolta indefiniti del colore. Differenti essenze, Betulla, Frassino, Ciliegio che si trasformano in delicate superfici a tratti morbide, a tratti rigide, pronte ad accogliere oro, argento, rame...pitture nate  da processi di stampa xilografici … motivi grafici che prendono vita in forma di colore e segno”.






Panoramica del padiglione cinese 
in cui si può vedere il lavoro di Alessandra Angelini






Catalogo Triennale Milano in partnership with Electa


martedì 19 marzo 2019

ELIZA ZADI a ARTOUR-O il MUST - FIRENZE



ARTOUR-O il MUST, il Museo Temporaneo - Firenze 



Cos’è – ARTOUR-O il MUST, il MUSeo Temporaneo, attivo a Firenze dal 2005 dove torna ogni anno, è composto anche da un secondo appuntamento all’estero. Ė una piattaforma dedicata alla promozione della creatività dell’arte contemporanea, del design, del mondo dell’Impresa e delle Istituzioni. Crede nella forza della Committenza, realtà strutturale alla storia dell’arte italiana.
Chi – i Partecipanti sono i Team composti da Artisti e Committenti con le Sezioni INTERIOR, a Tavola, Blow up, Punto Critico, Red Carpet, Saper Vedere, UnRolls, ARTOUR-O d’Argento, e i Focus Il Bello fa bene alla Salute, Arte e Committenza e Punto Critico.
Dove – il Percorso in Città è scandito dalle diverse " briciole” di Arte Contemporanea, Design, Architettura e Storia dell’Arte: Accademia delle Arti e del Disegno, ASP Montedomini, Basilica della SS.MA Annunziata, Centro Sauro Cavallini, Fani Gioielli, Officina Profumo Farmaceutica di S. Maria Novella, OOO Out of Ordinary, Penko, Parco di Villa la Vedetta.
Come – Aziende, Istituzioni, Imprese, Fondazioni, Associazioni, partecipano presentando opere d’arte e design.
Perché – Lo scopo è quello di fare comunicazione attualizzando il ruolo della Committenza illuminata che nel passato ha avuto fulgidi testimonianze in Cosimo I, Isabella d'Este e Lorenzo il Magnifico lasciando così anche oggi il segno della nostra identità e del nostro momento storico. 





In occasione di ARTOUR-O il MUST, il Museo Temporaneo, che si svolgerà a Firenze dal 20 al 24 marzo 2019, Elisa Zadi presenterà due opere inedite “Monna Lisa Shoes” e “Bia e Cosimo”. Le opere concepite appositamente per l’evento, saranno rispettivamente presentate il 20 di marzo ore 19:00 presso OOO Out of Ordinary e il 21 marzo ore 16:00 presso il Chiostrino della Basilica della SS.MA Annunziata.



“Bia e Cosimo” è un’opera appositamente concepita per ARTOUR-O che quest’anno vuole rendere omaggio a Cosimo I de’ Medici. L’opera si presenta come un’installazione pittorica interattiva che vuole invitare a riflettere sul legame affettivo che si era instaurato fra Cosimo e Bianca e coinvolgere il pubblico a partecipare con delle azioni dirette sull’opera.
Fra i numerosi figli illegittimi di Cosimo I solo Bianca de’ Medici ha madre ignota e da alcuni scritti d’archivio si evince che fosse una delle figlie predilette e Cosimo passasse molto tempo con lei: questi fatti hanno scaturito l’interesse di Elisa Zadi che si è dedicata a questo lavoro prescindendo da fatti storico-politici e restituendo uno spaccato intimo e familiare del Granduca coinvolgendoci in una riflessione sull’importanza dei rapporti affettivi.
“Ricostruendo il simulacro del piccolo corpo di Bianca, attraverso lo studio dell’abito indossato nel famoso ritratto del Bronzino, ho voluto ricrearne la presenza essenziale e inserirla in una struttura-porta simbolica con cui lo spettatore potrà interagire afferrando fra i fili e gli specchi appesi al suo interno dei cartigli con dei messaggi segreti di cui ne diventerà il tramite e il custode” così Elisa Zadi racconta e convoca nel partecipare alla sua opera.










“Monna Lisa Shoes” è un’opera dedicata a Leonardo da Vinci in occasione del cinquecentenario dalla sua morte. Elisa Zadi parte da una ricerca storica sui calzari e, imitandone l’estetica del periodo, crea un supporto ligneo sagomato su cui dipinge ad olio il paesaggio presente dietro il ritratto della Gioconda. “Personalmente, il fatto che più mi ha incuriosito osservando questa opera è stato pensare a cosa potesse esserci oltre quell’immagine che Leonardo a scelto di mostrare” dice l’artista “mi sono sempre chiesta come potesse continuare la veste della donna al di sotto di quell’inquadratura … E che tipo di scarpe avrebbe potuto indossare la Monna Lisa?”. Il desiderio di Elisa Zadi è quello di incuriosire lo spettatore e fornire una chiave interpretativa immaginifica e alternativa di un’opera tanto popolare, ma che riveli ancora una diversa possibilità interpretativa.





Biografia/ 


Elisa Zadi esordisce nel 2005 con una serie di autoritratti che si riveleranno indagine introspettiva a lei necessaria e che permarrà come uno dei temi centrali della sua ricerca. Dal 2008 il suo interesse si concentra sulla figura umana, soprattutto femminile, indagata con una cruda e introspettiva frontalità: questo origina dei lavori pittorici che si esprimono in polittici; i soggetti si compongono in una narrazione ritmata e concettuale, che si intensifica nel 2013/14 con delle serie pittorico-installative di grande formato, che ricostruiscono attraverso la frammentarietà della tela uno spaccato di esistenzialità quotidiana. Dal 2015 la figura umana diventa simulacro della sua essenza attraverso opere-vestiti che rivelano una continua ricerca di materie e materiali, in cui il margine della pittura estende i propri confini abbracciando varie discipline dando vita a installazioni interattive e performative.