giovedì 1 febbraio 2018

UN ARTISTA AL MESE / Mattia Moreni







UN  ARTISTA  AL  MESE / Febbraio 2018

Ogni primo del mese e per 12 mesi verranno presentati  in queste pagine 12 artisti  con alcune opere significative  integrate dal video e relativa biografia sintetica. Una raccolta  immaginaria e  ideale di arte contemporanea, una raccolta dei sogni  e anche dei  desideri. Nasce, soprattutto,   dal desiderio  di far conoscere alcuni artisti nati tra gli anni 20 e 60,  ancora non del tutto conosciuti al grande pubblico che nel corso degli anni  hanno  definito in modo  poetico e originale  una propria visione personale dell’arte.  Sandro  Bongiani




MATTIA  MORENI



Da autentico irrequieto, nella vita come nell’arte, Moreni è stato capace di continui cambiamenti, seguendo una sua logica e un modo di fare del tutto personale, fino ad approdare a queste  ultime opere esposte a Milano all’età di quasi 76 anni. Un artista, in genere, all’età di Moreni, ha ormai detto tutto; vive il successo dei suoi migliori risultati ripetendo ciò che ha fatto precedentemente. Ciò non è però il caso di Mattia Moreni, perché più passa il tempo e più il suo lavoro risulta interessante e nuovo. Di sicuro è uno dei pochi artisti, dopo F. Bacon, ancora lucidi nel marasma anonimo e decadente della scena internazionale dell’arte. Le prime esperienze risalgono al 1948, interessato come tanti artisti della sua generazione alla sintassi post-cubista e astratta. Verso il 52-53 incomincia a definire nella sua pittura una sorta di espressionismo solare, come afferma Tapiè,”in cui il cerchio diventa sole mentre il segno astratto anche cespuglio e collina”. Dipinge opere come “L’urlo del sole e dell’uomo dietro la staccionata”, del 1954; “Colpo di vento” del 1955; “Un cielo attivo, “Vacca aperta”, del 1957. Ormai, la natura ha preso il posto della geometria. Inoltre, con le opere dei primi anni’60 la superficie pittorica si carica di nuovi significati; diventa annunciazione e ferita, ”Carne come paesaggio”; “Ancora un’immagine quasi travolta”, del 1960. Sembra che non esista più per Moreni una netta distinzione tra energia atmosferica e organica. Crea, così, le prime immagini segnaletiche “Immagine come un segnale”, del 1961, “Cielo e cartello come apparizione”, del 1962. Il periodo dei “segnali” dura fino al 64 per poi approdare alle “angurie”, prendendo spunto da un cartello di campagna che segnalava la vendita delle angurie. A metà degli anni 60, la fetta di anguria si trasforma in un oggetto e in un’ ossessiva e inquieta visionarietà, le angurie trasudano di energia cosmica, si ingrossano fino a scoppiare “I semi snaturalizzati impazziscono e tentano inutilmente di. abbandonare l’anguria.. è difficile fare impazzire i semi nel cielo di gas velenosi, è difficile fare l’anguria”. , del 1975. Nascono opere di forte impatto, come “Anguria americana assassinata sul campo-pelliccia Rosa”, 1969; “Un’anguria americana sognata e come una farfalla notturna sul campo-pelliccia-capra” ,1970; o “Ah quell’anguria anarchica che si è messa le mutande, o dell’assurdità”, del 1972, che evidenziano forme organiche vaginali con innesti di peluria vegetale(prato), che ci rimanda ambiguamente a brani di peluria naturale. Dopo gli anni dei cartelli e dei segnali, nel 1983-84 nasce il ciclo delle pattumiere e dei tubi (1984), delle lampadine (1984-85), delle geometrie indisciplinate (1985-86). Spesso l’oggetto naturale (l’anguria) va a confrontarsi con oggetti di uso domestico come la pattumiera o il televisore. Ne viene fuori una sorta di innesto “terapeutico” tra il dato naturale e l’artificiale, quasi a cercare la sintesi e la consistenza di una possibile relazione. Si determina una situazione sospesa tra natura e cultura, tra organicità e tecnologia, tra speranza di un nuovo futuro e rimpianto di aver perso tutto. Moreni dipinge per trovare un senso nuovo alla pittura e per evidenziare la condizione emblematica dell’uomo in questo travagliato momento storico. Sarà la natura organica ad annientare la tecnologia o sarà la tecnologia a distruggere definitivamente la natura? Sono questi i dubbi che ci pone da un pò di tempo l’artista. Moreni è essenzialmente un pessimista, esprime tragicamente le sue ossessioni, il senso del disfacimento e dell’urlo, convinto, nonostante i suoi momentanei dubbi (perchè?), che alla fine la tecnologia annienterà e ingoierà la natura e anche l‘uomo, o ciò che rimarrà dell’uomo. Ci chiediamo : l’uomo sarà in grado di prendere coscienza dei suoi interminabili problemi o continuerà a percorrere quest’affannosa corsa verso il nulla e il niente? Di certo, Moreni coltiva certi inconsueti innesti di pensiero, forse per avvertire e annunciare la situazione precaria in cui ci siamo arenati. Anche le ricerche scientifiche di questi ultimi tempi ci prospettano un uomo regressivo e involutivo, come se stesse ripercorrendo a ritroso la scala evoluzionistica , tracciata da Darwin; vediamo il segno di questa regressione involutiva nei cromosomi. Moreni è convinto che si può ipotizzare, dopo una evoluzione, una marcia a ritroso verso una involuzione e regressione della specie umana; in fondo - confessa Moreni - bisogna capire che la. differenza di cromosomi tra una scimmia e un uomo e soltanto dell’1% . Basta poco per ritrovare il”disordine funzionale” che. modifica un equilibrio genetico e ci proietta verso la mutazione, e la regressione incontrollata, della specie umana. Marilù, come da tempo Moreni chiama la vulva., svelata nella emblematica presenza, -afferma E. Crispolti- “diventa luogo emblematico dell’avvertibile decisiva mutazione che sta avvenendo”. Moreni crede che una tale ossessione è condizione essenziale di ricerca. Negli ultimi tempi il richiamo più ricorrente è stato destinato al computer (conbuter, come a volte lo chiama Moreni), alla protesi tecnologica, alla tecnologia elettronica, all’amore virtuale, alla situazione Punk (Punk, avverte Moreni, è una parola come un’altra per dire che non abbiamo niente da difendere). E’ esemplare l’opera “Una “Marilù per Mantegna......”, realizzata nel 1990, di una corporeità alienata, stravolta e nello stesso tempo indifesa. Secondo Moreni, ”l’unico linguaggio dell’avanguardia è l’elettronico”. Di sicuro, la tecnologia elettronica in avanzata, riattiverà l’umanoide regredito attraverso l’‘innesto di protesi computerizzati. L’uomo, da tempo, fa uso di protesi (cuore, rene) e di leve bioniche per le braccia e le gambe. Ormai, quasi tutto è sostituibile. Opere come “L’umanoide allineato all’elettronica”; “ L’ultima apparizione con conbuter”, “L’identikit ratificato”, del 1993, oppure, “ Lo speleologo vaginale con computer, contro l’ingiustizia genetica, verifica l’atrofia delle ovaie”, del 1993-94, evidenziano una forte commistione tra naturalità e artificiosità fino alla trasmutazione del dato naturale al virtuale degli ultimi lavori dal titolo emblematico: “Marilù tecnologica ha fatto stop”; “L’esibizione Punk per l’amore virtuale….”, opere eseguite tutte nel 1994. Anche in queste ultime opere, l’artista evidenzia una sorta di intensa energia panica della natura, pregna di pulsioni molto forti, con innesti di brani di organicità sconvolta generati da quel sofferto senso catastrofico ch’è capace di trasformare tutto ciò che trova, condensandolo definitivamente in una realtà “innaturale e artificata”. Viviamo una situazione di un “ medioevo tutto nostro tra rinascimento e modernità che non ha ancora luogo”, dove la mutazione è regressione, la naturalità anche virtualità; di certo, l’ultima tragica stagione della specie umana.    Sandro  Bongiani,  1996
 
      





 MATTIA MORENI - visti da vicino 1981


 Video:  https://youtu.be/HClAxnSNcVs    durata 7:28





Alcune opere  di  Mattia Moreni:









 








MATTIA  MORENI   (1920-1999)

Mattia Moreni nasce a Pavia nel 1920. La sua formazione avviene presso l’Accademia Albertina di Torino mostrando inizialmente una linea neocubista vicina alle posizioni di Corrente. Nel 1947 è tra gli organizzatori del “Premio Torino”, evento di rottura nel panorama culturale torinese; dello stesso anno è la sua prima personale alla Galleria del Milione a Milano. Nel 1948 partecipa alla Biennale di Venezia; continuerà tale frequentazione in maniera assidua anche negli anni successivi. Nel 1952 entra a far parte del Gruppo degli Otto promosso da Venturi con Afro, Birolli, Corpora, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova. Gli anni cinquanta lo vedono sviluppare il linguaggio informale attraverso una forte carica gestuale e materica con chiari richiami naturalistici. Nel 1956 si trasferisce a Parigi dove vi rimarrà fino al 1966. In questi anni importanti antologiche hanno luogo al Kunstverein di Leverkusen e al Museo Civico di Bologna. A partire dagli anni sessanta riflette soprattutto sulla situazione dell’uomo contemporaneo: “il mestiere del guardare è un mestiere difficile e faticoso e richiede molto tempo, molta energia”, diceva alludendo all’importanza del saper osservare veramente il mondo che ci circonda. Prendono forma così i cartelli stradali, le baracche, le angurie-non angurie, i meli avvelenati. In particolare l’anguria viene elevata a simbolo antropologico, dalle angurie “sessuate” al femminile alle angurie “sofferenti”. Dagli anni ottanta sviluppa il tema dell’umanoide-computer attraverso una figurazione espressionista dai tratti infantili e violenti che rivela una riflessione pessimistica sull’evoluzione tecnologica. L’umanoide tubato dal computer ne è un esempio, così come la serie di autoritratti carichi di un’ironia trasgressiva. Sempre attiva è la sua partecipazione a importanti eventi artistici, al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano nel 1980, alle antologiche a Santa Sofia di Romagna nel 1985 e alla Galleria Comunale di Arezzo nel 1989, al Liceo Saracco di Acqui Terme nel 1990, al Centro d’arte CL di Milano nel 1992. Importanti anche i suoi scritti: L’ignoranza fluida, 1979, L’assurdo razionale perché necessario, 1985. Muore a Brisighella (Ravenna) nel 1999 lasciandoci attraverso le sue tele la memoria di uno spirito ribelle e controverso.


martedì 23 gennaio 2018

Guglielmo Achille Cavellini Documentary Video





L’autostoricizzazione di
Guglielmo Achille Cavellini

Guglielmo Achille Cavellini
Documentary Video
Produced by LYNCH
THAM     Duration:
7:20



domenica 21 gennaio 2018

Roma, Maestri Internazionali del Libro d'Arte in una grande rassegna evento.








POGA POGA (Una metropoli che balla).



L'artista Jacob de Chirico


Gurubù Contemporary Art Roma in collaborazione con MIMU presenta: 

Maestri Internazionali del Libro d'Arte in una grande rassegna evento sul Libro Scultura. 

Il Soundriver Recording studio di Roma, sarà incontro e registratore di queste anime perse, sparse, lucide, dentro ad un inconscio senso di liberazione verso tutto quello che gira in orario. Il fiume porta, nasconde e trascina, come il sangue nelle vene, come una barca appoggiata sul mare, come le scarpe rotte di un bambino che spingono uno skate pieno di emozioni. Siamo gatti neri, dentro inutili pensieri... Patrizio Maria 


24 gennaio 2018 Inaugurazione 24/01/2018 ore 16.30 Con Willi De Punk e noti personaggi del mondo dello spettacolo 

Ingresso: su invito e prenotazione Soundriver Recording Via Pellegrino Matteucci, 15 00154 Roma RM Italia Tel.+393932401054  gurubu@mail.com 

Curatori: Patrizio Maria, Gabi Minedi, Joe Gabriel Walsh 
Collaboratore: Francesco Marino 
Relatore e Critico: Patrizio Maria 


Artisti: Lorenza Angenica, Andreina Argiolas, Calogero Barba, Rodia Bayginot, Claudio Bellino, Luisa Bergamini, Tomaso Binga, Giovanni Bonanno, Anna Boschi, Cristina Braido, Rossana Bucci, Alfonso Caccavale, Momò Calascibetta, Angela Caporaso, Lamberto Caravita, Marisa Casaburi, Alberto Casiraghy, Patrizia Cerella, Bruno Chiarlone Debenedetti, Monica Ciabattini, Ryosuke Cohen, Carmela Corsitto, Eleonora Cumer, Jakob de Chirico, Paska Deb, Eric Demelis whit Gaspard Pitiot and Margaux Salmi, Bruno Donzelli, Paolo D'Orazio, Cinzia Farina, Gretel Fehr, Luc Fierens, Aurelio Fort, Tom Gal, Ivo Galassi, Delio Gennai, Gilbert & George, Lillo Giuliana, Gennaro Ippolito e Giovanna Donnarumma, Thierry Lambert, Ettore Le Donne, Alfonso Lentini, Hugues Leroy, Adrian Lis, Oronzo Liuzzi, Ruggero Maggi, Pascal Marcel, Patrizio Maria, Gabi Minedi, Virginia Milici, Carlo Oberti, Alexey Parygin, Franco Panella, Enzo Patti, Giancarlo Pavanello, Natale Platania, Michele Principato Trosso, Pino Procopio, Mauro Rea, Martine Rives, Gianni Romeo, Antonio Sassu, Anna Maria Scocozza, Fulgor Silvi, Gruppo Sinestetico, Lucia Spagnuolo, Dominique Spiessert, Giovanni e Renata Strada, Stefano Turrini, Giangrazio Verna, Giovanna Vinciguerra.       Patrocini: Comune di Roma, Regione Lazio. 



POGA POGA (una metropoli che balla) 

Hey ho, let's go, ci vuole la ribellione! 
Un mantra, un legame, una ferita condivisa, le cicatrici come case rotte, spazzatura che offende la superficialità intellettuale dettata da una moda vuota e corrotta. La spilla che lega, punge, disinfetta e mantiene i pezzi del cuore dato in pasto alla vita. La voglia di ballare, come una tribù spray, veloce e rivoluzionaria. Il mosh, equilibri diversi per una gabbia fatta di cielo e cantine. Ehi, devi muoverti amico, ho degli insetti dentro le scarpe, devo muovermi con il sapore di chi vuole festeggiare il passato che diventa futuro. Bombe colorate di igiene mentale, una sala d'attesa snervante fatta di cuoio e pelle, chiodi, in una vecchia stazione ferroviaria mentre urinavo su un cartello politico ho visto I Ramones, pettinati dal vento e sconvolti dalla normalità. I bambini succhiano la mandorla amara, rara, il neon di un lurido pub dove la birra non vale che un bacio. La schiuma è bianca come il mare inquinato dai critici crociati persi tra le penne brillanti. Mamma sono un figlio di punk, di fuoco e tarocchi, mentre la notte toccava le tette alla luna. Poga, poga, muovi il culo e balla, mentre il no rivoluzionario delle ginocchia rimane in piedi su un triangolo sicuro. Il supermarket ed il latte scaduto, seduto mi lecco le dita di una vita sporca mangiata due volte. Mi vesto di rosa e mi tingo i capelli di blu, mentre calpesto con punte di ferro le foglie cadute dagli occhi. Calpesto ascoltando in silenzio il rumore di questa città, collego la spina in un foro dentro al cemento e sento ferite, sento il tormento di una società fatta di ferro e bulloni messi per caso, nessuna garanzia e con grandi garze fascio e stringo le dita su un'altra bugia. Salvarsi dagli sconti invernali, dai pupazzi che solo la neve può darci, la cassiera che balla, il barbiere con lamette martella la stessa malata canzone, la guerra a colori è iniziata. La guerra dei no dormiva su un'altra serranda abbassata. La spilla mi cuce i ricordi e getta colori sul muro, le scritte e riviste strappate che stanno in un posto sicuro, lontano dal cuore, lontano da tutto, vicino nel mondo, ficcato in quel posto. Poga, poga, suona, rompi ed urla, la metropoli che balla. 
Artisti uniti da una spilla, da una punta, da una macchia che si perde nelle vene di un varietà avariato, visto da tanti punti di vista, visto e percosso come un fiore strappato, un tatuaggio, un piercing, un morso, che guarisce un mondo malato. 
Il Soundriver Recording studio di Roma, sarà incontro e registratore di queste anime perse, sparse, lucide, dentro ad un inconscio senso di liberazione verso tutto quello che gira in orario. Il fiume porta, nasconde e trascina, come il sangue nelle vene, come una barca appoggiata sul mare, come le scarpe rotte di un bambino che spingono uno skate pieno di emozioni. 
Siamo gatti neri, dentro inutili pensieri...    Patrizio Maria 


Hey ho, let' s go, il faut la rébellion! 
Un mantra, un lien, une blessure partagée, des cicatrices comme des maisons cassées, des ordures qui offense la superficialité intellectuelle dictée par une mode vide et corrompue. La broche qui ligue, pique, désinfecte et conserve les morceaux du coeur donné en repas à la vie. L'envie de danser, comme une tribu de spray, rapide et révolutionnaire. Le mosh, des équilibres différents pour une cage faite de ciel et de sous-sols. Hey, tu dois bouger, mec, j'ai des insectes dans mes chaussures, je dois me déplacer avec le goût de ceux qui veulent célébrer le passé qui devient futur. Des bombes colorées d'hygiène mentale, une salle d'attente ennerve faite de cuir et de peau, des clous, dans une vieille station de chemin de fer tout en pissais sur un panneau politique j'ai vu les ramones, peignés par le vent et choqués par la normalité. Les enfants sucent l'amande amère, rare, le néon d'un pub pourri où la bière ne vaut qu'un baiser. La mousse est blanche comme la mer polluée par les critiques croisés perdus entre les stylos brillants. Maman, je suis un fils de punk, de feu et de tarot, alors que la nuit touchait ses seins à la lune. Poga, poga, bouge ton cul et danse, tandis que le non révolutionnaire des genoux reste debout sur un triangle sûr. Le supermarché et le lait périmé, assis, je me lèche les doigts d'une vie sale mangée deux fois. Je m'habille en rose et me teins les cheveux de bleu pendant que j'écrase les feuilles de fer les feuilles tombées des yeux. Je marche en écoutant en silence le bruit de cette ville, je branche la prise dans un trou dans le béton et j'entends des blessures, j'entends le tourment d'une société faite de fer et boulons mis par hasard, pas de garantie et avec de grandes gazes faisceau et je serre les doigts sur encore un mensonge. Sauver des d'hiver, des marionnettes que seule la neige peut nous donner, la caissière qui danse, le barbier avec des lames de rasoir martèle la même chanson malade, la guerre en couleurs a commencé. La guerre des non dormait sur un autre rideau. La broche me fait mes souvenirs et jette des couleurs sur le mur, les écrites et les magazines arrachées qui sont dans un endroit sûr, loin du coeur, loin de tout, près du monde, mis dans cet endroit. Poga, poga, sonne, casse et crie, la métropole qui danse. Artistes unis par une broche, d'une pointe, d'une tache qui se perd dans les veines d'une variété avarié, vu par de nombreux points de vue, vu et battu comme une fleur déchirée, un tatouage, un piercing, une morsure, qui guérit un monde malade. Le studio d'enregistrement Soundriver à Rome sera la réunion et l'enregistreur de ces âmes perdues, dispersées, brillantes, dans un sens inconscient de libération vers tout ce qui court à l'heure. La rivière apporte, se cache et traîne comme du sang dans les veines, comme une barque appuyée sur la mer, comme les souliers cassés d'un enfant poussant un patin plein d'émotions. Nous sommes des chats noirs, dans des pensées inutiles...    Patrick Maria




Una selezione di opere  presenti in questa rassegna:




Ruggero Maggi per Poga Poga





Giovanni Bonanno, "Stare dentro inutili pensieri", un libro per Poga Poga.






Ryosuke Cohen per Poga Poga





Carmela Corsitto per Poga Poga





Eric Demelis con Gaspard Pitiot e Margaux Salmi per Poga Poga





Virginia Milici per Poga a Poga





Jacob de Chirico per Poga Poga





Enzo Patti per Poga Poga





Patrizio Maria per Poga Poga





Dominique Spiessert  per Poga Poga






Si ringrazia il Maestro Francesco Marino per aver messo 
lo spazio del Soundriver Recording a disposizione dell'Arte e degli Artisti 

venerdì 19 gennaio 2018

Matteo Montani a Caserta

"Unfolding"

Galleria Nicola Pedana









La scultura: Durante il processo di fusione i colori nascosti all'interno appaiono gradualmente mentre il corpo scompare progressivamente, per trasformarsi infine in un dipinto astratto. La scultura diventa un dipinto, mentre la figura entra nel mondo astratto. Ciò che di solito è impossibile vedere, forse l'essenza spirituale di un atto di preghiera, è dato dall'artista a una forma visibile. 


Video:

Matteo Montani Study for Prayer 2016

vimeo.com/186105990   durata 03:05






BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Matteo Montani è nato a Roma nel 1972. Le sue opere ad olio su carta abrasiva, con la recente aggiunta - oltre che del Blu Reale che lo contraddistingue - di policromie e polveri metalliche, ci rimandano a paesaggi mentali e rarefatti sempre in bilico, sospesi tra un contesto di meditativa intimità e di apparizioni che si articolano in una dimensione rivelatoria. Nel corso della sua carriera ha collaborato in maniera continuativa con la Galleria L’Attico di Fabio Sargentini (2005/2017), esponendo anche con altre gallerie quali Marilena Bonomo a Bari, Sergio Casoli a Milano, Valentina Bonomo a Roma, Otto Gallery a Bologna e Luca Tommasi Arte Contemporanea. Nel 2001 è vincitore del XL Premio Suzzara. Nel 2008 partecipa alla Quadriennale di Roma e tiene la sua prima mostra museale al MAR di Ravenna. Del 2011 è la sua prima mostra personale all’estero al MuseumAmDom di Wuerzburg in Germania, città che ospita anche una sua grande opera all’interno del Duomo. Nel 2013 è vincitore del premio speciale OrenioMichetti. Espone a New York nel 2010 e nel 2016, presso la Elkon Gallery. Nel 2015, a seguito della mostra personale Andarsene al Museo Andersen di Roma, la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea acquisisce una sua opera sperimentale: una scultura che, sciogliendosi, diventa un’opera bidimensionale.Sue opere si trovano in prestigiose collezioni quali la Collezione Artefiera di Bologna, la collezione Unicredit e la collezione Vaf, oltre che in importanti collezioni private in Europa e negli Stati Uniti.

lunedì 1 gennaio 2018

UN ARTISTA AL MESE / Gennaio 2018



Da oggi, ogni primo del mese e per 12 mesi verranno presentati  in queste pagine 12 artisti  con alcune opere significative  integrate dal video e relativa biografia sintetica. Una raccolta  immaginaria e  ideale di arte contemporanea, una raccolta dei sogni  e anche dei  desideri. Nasce, soprattutto,   dal desiderio  di far conoscere alcuni artisti nati tra gli anni 20 e 60,  ancora non del tutto conosciuti al grande pubblico che nel corso degli anni  hanno  definito in modo  poetico e originale  una propria visione personale dell’arte.  Sandro  Bongiani



Mese di Gennaio 2018 / CARLO  RAMOUS




Carlo Ramous - Scultura architettura città

Presentato alla mostra personale di Carlo Ramous alla Triennale di Milano nel 2017, in questo video si vedono i vari passaggi della vita dello scultore. Con interventi di Fulvio Irace e Luca Pietro Nicoletti, curatori della mostra. Intervengono inoltre Antonella Ranaldi (Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Milano), Francesco Tedeschi e Walter Patscheider.           Video, durata 23:34



https://youtu.be/UWiH-8gHTIM    durata 23: 34




















Carlo Ramous nasce a Milano nel 1926; frequenta il Liceo Artistico presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, per poi continuare gli studi presso l'Accademia di Brera con Marino Marini e Giacomo Manzù. All’Accademia di Brera, nel 1946 espone la sua prima opera di ispirazione antropomorfa liberamente ispirata a Boccioni, Fontana e Melotti.
Presto si impone sulla scena della scultura astratta italiana. Nelle sue opere la tensione dinamica e la presenza plastica convivono; la spazialità geometrica è parzialmente esaltata e contraddetta da un sapiente gioco di equilibri in grado di sfidare la pesantezza e la rigidità dei materiali utilizzati, quali il legno e il metallo.
Allestimenti personali vengono organizzati in tutto il mondo nei più importanti musei e gallerie. Tra tutti i luoghi si citano Milano - Galleria Il Milione (1956), Ginevra - Galleria Jolas (1971), Milano - Piazzetta Reale (1974), La Spezia - Mostra antologica presso il Centro Allende (1977), Gubbio - Antologica. Vent'anni di scultura (1987). Sue opere figurano inoltre in mostre personali e grandi rassegne internazionali: Biennale di Venezia nel 1958, 1962, 1972; Biennale di San Paolo del Brasile del 1961; Quadriennale di Roma nel 1955, 1959, 1973; Triennale di Milano nel 1954, 1960, 1964; Biennale Internazionale di Anversa nel 1965 e nel 1973; e altre importanti rassegne note a livello internazionale da Parigi a Tokio, da Roma a Londra, da Oslo a Milano, da New York da Anversa, da Alessandria d’Egitto a Teheran, da Città del Messico a Budapest, all’Aquila, a Zurigo, a Colonia , a Norimberga, da Berlino a Sidney, all’Aia, a Copenhagen, a Lisbona, a Dusseldorf a Los Angeles, a Lagos, ecc..
Tra i musei che possiedono le sue opere, vanno ricordati: Museo d'Arte Moderna Villa Giulia di Roma, Museo Cà Pesaro d'Arte Moderna di Venezia: Galleria d'Arte Moderna di Milano, Colgate Museum di New York, Middelheim Museum di Anversa, Museo Forma Viva di Portoroz, solo per citarne alcuni.
 Del suo lavoro si è occupata la critica più attenta, Trier, Dorfles, Russoli, Gassiot-Talabot, Valsecchi, Elgar, Ashbery, Ballo, Leveque, Carandente, Alvard, De Micheli, Welcher, Crispolti, Coulan, Natali, Gualdoni, Bettolini, sono solo alcuni.
Oltre alle innumerevoli esposizioni collettive e di gruppo, ha eseguito numerosi grandi lavori per l’architettura, tra questi: la chiesa di Santa Marcellina a Milano; la chiesa di Don bosco a Milano; l’Imprimerie Cino del duca a Blois (Francia); la scultura posta di fronte alla scuola di Viale Marche a Milano; e numerose sculture per le scuole in Italia e negli ospedali di Pordenone e Como.
Le sue opere diventano progressivamente più aeree, ideogrammi o segni in tre dimensioni che trovano la loro giusta collocazione in contesti urbani. “L'ambiente è importante, e solo in funzione di esso l'artista assume la propria identità.” (Alessandro G. Amoroso). Fra le sculture che hanno lasciato una traccia indelebile nella sua città natale si ricordano “Finestra nel cielo” (1968) in piazza Miani, “Gesto per la Libertà” (1972) in piazza della Conciliazione, e il “Monumento ai Caduti dell’ Isola” (1972) in piazzale Segrino, oltre alla monumentale “Ad Astra” (1992), un complesso di acciaio inossidabile alto quasi 12 metri, del peso di 7 tonnellate installato nel Chou Park a Chiba City, Giappone.
Negli anni Ottanta Ramous elabora la sua ricerca continua in numerose serie di bozzetti, realizzati in lamierino di zinco, veri studi per grandi realizzazioni.Sono piccoli elementi strutturati, dove la forma plastica si dissolve nel suo negativo spaziale e fantastico, per una nuova oscillazione dell’immagine complessiva. Muore a Milano, nel 2003.    
 http://www.carloramous.it/

domenica 31 dicembre 2017

Un grande capolavoro conservato a Napoli dai Farnese



"Atalanta e Ippomene" un'opera che segue le orme dei Carracci votata al dinamismo e alla provvisorietà. Due scene in una che si presta benissimo a quest' ultimo giorno dell'anno, tra un ritornare indietro a percorrere i mesi trascorsi dell'anno (Atalanta), e procedere avanti, convinti, verso il nuovo anno (Ippomene). 

Guido Reni, Atalanta e Ippomene, 1625 olio su tela, cm 192 x 264 - Museo di Capodimonte.  
... si racconta che Atalanta, figlia del re Iaso, per sfuggire alle nozze dichiarò che avrebbe sposato solo colui che sarebbe riuscito a batterla in una gara di corsa. Essendo ella molto veloce, vinceva e uccideva tutti i pretendenti alla sua mano. Ippòmene riuscì a batterla con uno stratagemma: durante la corsa lasciò cadere tre mele d’oro dategli d’Afrodite; la fanciulla si attardò a raccoglierle e perse la gara.




AUGURI
DI

FELICE  ANNO  NUOVO
2018

  

venerdì 22 dicembre 2017

BUONE FESTE




A
R
TE
AUGURI
DI
BUON NATALE
E
FELICE  ANNO  NUOVO
2018

SANDRO  BONGIANI ARTECONTEMPORANEA