mercoledì 29 aprile 2009

ABC/ - SALERNO /Artemoderna













LA POLEMICA IN CORSO: Lettera Aperta


L'ARCHITETTURA CONTEMPORANEA IN CAMPANIA



Il Crescent a Salerno










IL RENDERING:
























A proposito della nuova Architettura Contemporanea in Campania

A proposito della nuova Architettura Contemporanea in Campania



In Campania non c’è soltanto il caso eclatante dell’occupazione impropria della Certosa di Padula, vi è anche il problema da risolvere al più presto dell’Auditorium di Ravello, un mostro curvilineo immaginato dal celebre architetto Brasiliano Oscar Niemeyen, per intenderci quello che ha progettato di sana pianta Brasilia, che qui a Ravello ha innestato arbitrariamente la sua visione tutta metropolitana su un territorio che non conosce, come freddo elemento formale, poco funzionale ed estraneo all’architettura della Costiera Amalfitana. Tale architettura risulta “molto visibile” ed estranea perché interferisce con il contesto ambientale e quindi risulta alla fine un urlo non integrato nel tessuto del territorio campano. Nonostante il progetto dell’insigne autore internazionale, l’auditorium risulta decisamente brutto . Altro caso di come si può devastare la costiera è l’imminente costruzione del “Crescent” a Salerno. Progettato dal catalano Bofill, altro insigne architetto, il progetto finale pervenutoci si rivela un altro mostro che fatica a integrarsi nel contesto urbano adiacente la piazza libertà che si trova sul mare. Dalle immagini presentate ci si rende conto come il rendering (che per legge è obbligatorio) siano una simulazione falsata – come sostiene il comitato del “No Crescent”- e non rappresentano l’opera nel paesaggio in cui dovrà essere realizzata, contravvenendo, quindi, alle attuali norme vigenti in materia. Di certo la classe politica campana vola alto; mi riferisco a Bassolino a Napoli e a Vincenzo De Luca a Salerno nei confronti della modernità. Il primo attratto dall’arte contemporanea della solita confraternita dell’arte e l’altro artefice ancora più spericolato, che chiama a raccolta grosse firme dell’architettura come: Santiago Calatrava, Zaha Hadid, Jean Nuvel, David Clipperfield e Bofill a progettare una città nuova - come dice De Luca - "tutta europea", dimenticandosi volutamente la situazione ambientale del mare putrido di questa estate a Mercatello, della scarsa e inesistente ricettività turistica, della condizione “dimenticata” di certi quartieri collinari di Salerno, come per esempio, la zona sopra il Carmine abbandonata da tutti. Non illudiamoci, a Salerno i turisti non arrivano e non arriveranno, perché non bastano le fontanelle e le luci del centro cittadino. Occorrono soluzioni nuove atte a cambiare la situazione attuale. Non è possibile attuare discutibili progetti chiamando grandi architetti se poi le unità costruttive appaiono dei corpi estranei e slegati al territorio circostante. Il problema non è tanto la realizzazione dell’opera faraonica da celebrare come opera d’arte quando salvaguardare l’identità etnica, culturale di un luogo. Per questo siamo convinti che questi orribili mostri a cielo aperto, questi grattacieli anonimi, stridono fortemente con il dolce profilo assolato della collina retrostante salernitana. Lo stesso problema lo ritroviamo in un’altra opera “ Vele ” a Marina d’Arechi costruita dall’autore del discusso ponte in vetro a Venezia e reclamato come proposta di grande interesse artistico, che in verità, si rivela meno affidabile e sicuro del vecchio ponte. Un consiglio per chi va a Venezia: non fate passi falsi, non guardate la laguna, guardate intensamente i gradini trasparenti perché potreste cadere rovinosamente, come questa selvaggia cementificazione tutta europea . Giovanni Bonanno



Dibattito: Bonito Oliva e la Certosa come dessert
Di Rino Mele

Pubblicato il 5 luglio 2009 in “Cronache del Mezzogiorno” (prima e terza di pagina)

Scrive Rino Mele: “ Ho appena letto l’intervista di Bonito Oliva pubblicata ieri da" La Stampa", a cura di Lea Mattarella. Bonito Oliva parla dl se, giovane, come fosse Leopardi, il borgo selvaggio che l’opprimeva, e gli dava il senso estremo del vuoto. L’ho incontrato in quegli anni - dal suo paese al mio puoi parlare solo gridando, tanto sono vicini, ...mangiavamo ogni domenica insieme ma non amavo giocare con lui, non sapeva giocare, solo vincere. Altro che Leopardi. Si nutriva, dice Rino Mele, allora del suo “io” esattamente come fa oggi, con l’incosciente voglia di creare un piccolo mito nel quale collocare la sua nevrosi di appartenenza divina”.






Mele confessa di aver avuto un grande affetto e cara stima per Achille Benito Oliva, ” per la sua tagliente capacità analitica, il gusto dello spiazzamento, la capacità di mostrare le cose nello specchio capovolto dl una positiva negazione, ma non lo riconosco nell’intestardirsi in un cinismo che forse non gli appartiene e che lui esalta e dietro cui nasconde la sua anima vecchia e adolescenziale. E’ bravissimo, certo, e costruisce corridoi nuovi dell’arte, ma poi confonde se stesso con l’oggetto della sua ricerca, crede di essere la gioconda ma dimentica di farsi uno sberleffo, di mettere i baffi al suo cattivo sorriso. Intanto a Padula, proprio nei luoghi della sua infanzia - lui che certo non ha bisogno di nuovi spazi - si è divorato la Certosa” – aggiungiamo noi -da bravo e certosino costruttore di fantasmi napoletani.






Chi è Rino Mele?
Rino Mele è nato a sant’Arsenio, Sa, il 4-2-1938, insegna Storia del Teatro nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Salerno. Ha avuto incarichi di supplenze in Storia della Critica, Comunicazione visiva. Sociologia della Letteratura, Retorica e Stilistica.

Tra i suoi libri, Morte a Venezia (K Teatro,1972), Ken Russell (La Nuova Italia,1975), Il teatro di Memè Perlini (Edizioni 10/17, 1978), Scena oscena. Rappresentazione e spettacolo (Officina edizioni,1983), La casa dello specchio. Modelli di sperimentazione nel teatro degli anni Settanta (Ripostes, 1984), La scacchiera del tempo (Taide, 1985), Il corpo e l'anima. Il teatro di Pirandello (Avagliano, 1990), Tropici di carta. La fotografia (10/17, 1991), Teatro anatomico (Avagliano,1992), Agonia (Avagliano, 1994), Via della stella (Avagliano, 1994), Separazione di sera (Sottotraccia, 1994), Il sonno e le vigilie (Sottotraccia, 2000), L'incendio immaginato (10/17, 2000) dedicato alla visione del mondo e alla morte per fuoco di Giordano Bruno, Il corpo di Moro (10/17, 2001), Una montagna aspra (Plecticà, 2002), Apocalisse di Giovanni (traduzione, saggio introduttivo, Il teatro di Dio, Edizioni 10/17, 2002), La lepre del tempo e l’imperatore Federico II (Sottotraccia, 2004).


Tra gli innumerevoli saggi pubblicati, da ricordare almeno Radiofonia, l'incantesimo organizzato (1984), Le sei visioni. Spazio narrativo e testo grafico (1987), Drammaturgia sanguinetiana (1991), Il grido del cieco (1992), Il mare muto di Seneca (1994), Il corpo nudo e la macchina (1995), Il teatro di carta. Pasolini (1995), La confessione e la scena, esercizi di retorica (1996), Illato lumine. Dalle incendiate tenebre di Ovidio al silenzio bianco della Mirra di Alfieri (1998), Le mani spezzate del teatro (2002), Album di famigla di Pirandello (2002), Dove può nascondersi un attore sulla scena? (2002), Le feci, il sangue e l’azzurro fuoco del Vesuvio (2006), Nel giallo della rosa sempiterna, sulla teatralità di Dante (2006), Sanguineti, le parole col volto di cose e l’universo in miniatura (2006).





LA MOSTRA A SALERNO

artista
Katja Loher
data inaugurazione:
sabato 26 settembre 2009, ore 19.00
luogo:
Galleria Tiziana Di Caro
indirizzo:
Salerno, via delle Botteghelle, 55 – 84121
info:
+39 (0)89 9953141 –
info@tizianadicaro.it
website:
www.tizianadicaro.it
orari:
dal martedì al sabato, dalle 15.30 – 20.30 o su appuntamento
chiusura mostra:
sabato 21 novembre 2009


La galleria Tiziana Di Caro ha il piacere di inaugurare la prima mostra personale in Italia, dell'artista svizzera Katja Loher, sabato 26 settembre 2009 alle ore 19.
Dopo una formazione di carattere accademico Katja Loher ha iniziato a dedicarsi alla sperimentazione tecnologica, associandovi l'utilizzo di diversi materiali, nell'intento di indagare le relazioni tra l'essere umano e l'universo che lo circonda. Il video è il filo conduttore tra tutte le opere, ma non è quasi mai inteso come lavoro fine a se stesso, bensì è associato a strutture complesse ed articolate, come sculture o installazioni, dando vita a serie di opere che l'artista ha definito "Miniverse" e "Videoplanet", che sono i due nuclei intorno ai quali si costruisce questa mostra.
Il percorso espositivo si apre con un'installazione intitolata Red Planet (della serie Videoplanet), un video proiettato su un grande pallone di gomma che fluttua nello spazio. Il video è costruito attraverso un sistema di comunicazione che Loher chiama "videoalphabet", che rappresenta la sintesi della continua esplorazione del linguaggio, presente nella gran parte dei suoi lavori. Il "videoalphabet" è un vero e proprio codice, in cui figure umane, eseguendo studiate coreografie, riproducono una serie di simboli che, assemblati in fase di post produzione, diventano lettere dell'alfabeto, da cui l'artista fa derivare parole, quindi domande. Tali domande sono concise ed essenziali, restituite visivamente attraverso brillanti cromatismi e sobrie strutture metaforiche, e nonostante un'apparente leggerezza, rivelano una drammatica denuncia nei confronti dell'uomo e del mondo che egli ha costruito. Opere come Where is the centre of the sea, oppure Sculpting in time, realizzate in esclusiva per la mostra, fanno parte della produzione dei Miniverse, elementi di forma sferica caratterizzati da fori, che dalla superficie si sviluppano verso il centro. Guardandovi attraverso lo spettatore ha accesso a dei messaggi, trasmessi, come di consueto, attraverso il video. Per la realizzazione di queste opere Loher si è ispirata ai quattro elementi della natura, acqua, terra, fuoco, e aria, associandovi diversi materiali, come la plastica, il vetro, il legno o l'alluminio. Queste opere risultano amplificare la visione microscopica e al contempo offrono una prospettiva inconsueta allo spettatore, la visione dall'alto di un mondo quasi invisibile, denso di accezioni e messaggi. La mostra si completa con un'installazione interattiva del 2006, Peephole, "spioncino", attraverso cui lo spettatore è invitato a guardare. Questi però non riceve alcuno stimolo, in quanto non vi è nulla da vedere, l'unico segnale è dato da un leggero suono. Nel frattempo il ritratto dell'osservatore sarà proiettato su un pallone di gomma. Colui il quale vorrà guardare attraverso, perché stimolato dalla curiosità, sarà invece riflesso su un pallone visibile a tutti i presenti, ribaltando completamente il concetto più tradizionale del "voyeur".


Tutte le opere di Katja Loher sono accompagnate da musiche composte in esclusiva da Asako Fujimoto.

Katja Loher è nata a Zurigo nel 1979. Vive e lavora tra Basilea, New York e Pechino. Diplomata nel 2004 in Arte e Media presso l’Università di Arte e Design di Basilea attualmente vive e lavora a Pechino grazie al Iaab - International Exchange & Studio Program Basel, una residenza d’artista della durata di un anno. Tra le sue mostre personali ricordiamo nel 2009 Videotellurium Motion II, Galapagos Art Space, Dumbo, New York (USA), nel 2008 A.I.R. ONE, Substitut, Berlino (Germania), nel 2007 Pool installation, Galapagos Art Space, New York e nel 2006 Where Ever you may be, The Artist Network Gallery, Soho, New York. Tra le mostre collettive recenti nel 2009 TINA B, Festival of contemporary Art, Praga (Cecoslovacchia); Biennale Chongqing (Cina); Dialogue of the Generations, Kunsthalle, Palazzo Liestal (Svizzera).



PRESS RELEASE

artist:
Katja Loher
exhibition opening:
saturday 26 September 2009, h. 19.00
location:
Galleria Tiziana Di Caro
address:
Salerno, via delle Botteghelle, 55 – 84121
info:
+39 (0)89 9953141 –
info@tizianadicaro.it
website:
www.tizianadicaro.it
opening times:
tuesday to Saturday, 15.30 – 20.30 or by appointment
exhibition closing:
saturday 21 November 2009


Galleria Tiziana Di Caro is delighted to announce Swiss artist Katja Loher’s first Italian solo exhibition, opening Saturday 26 September at 19.00.


Following formal training, Katja Loher started to experiment with technology, using diverse materials in order to investigate the relationship between the human being and the universe around him. Video is the thread connecting all her work. Rarely employed on its own, her use of video is usually integrated within complex and thoroughly developed structures such as sculptures and installations, giving life to a series of works called "Miniverse" and "Videoplanet", the two focus points around which this exhibition is set up. The exhibition sequence starts with an installation called Red Planet (from the Videoplanet series), a video projected on a big weather balloon fluctuating in midair. The video is put together through a communication system the artist calls "videoalphabet", which represents the synthesis of her ongoing exploration of language as featured in most of her works. "Videoalphabet" is a code where human figures, captured in specific poses, represent a series of symbols which, in post-production, are assembled into letters of the alphabet with which the artist forms words and questions. Such questions are concise and basic, visually rendered with strong chromatics and understated metaphors which, notwithstanding an apparent lightness, outline a dramatic statement against man and the world he has set up.
Works such as Where is the centre of the sea, or Sculpting in time, created expressly for this exhibition, are part of Miniverse, a series of spherical elements featuring holes on their surface which develop towards their centre.
Looking through the holes, the viewer is presented with a series of messages displayed, as usual, through video. For these works, Loher was inspired by the four natural elements, water, earth, fire and air, to which she associated materials such as plastic, glass, wood and aluminium. These work amplify the microscopic vision, at the same time offering an unusual perspective to the viewer, a view from above of an almost invisible world, packed with messages and meanings.
The exhibition wraps up with a 2006 interactive exhibition, Peephole, through which the viewer is invited to peep. But the viewer will see nothing, as there is nothing to see, only a soft sound to be heared. Meanwhile, the viewer’s image will be projected on a rubber balloon. Thus, whomever will be peeping, not resisting curiosity, will actually be put in view for all to see, completely turning around the conventional concept of "voyeurism".

The soundtrack of all Katja Loher’s works is by Asako Fujimoto.

Katja Loher was born in Zurich in 1979. Lives and works between Basel, New York and Beijing. Diploma dept. of Art and Media Art, Art Academy Basel, FHBB HGK in 2004, currently lives and works in Beijing thanks to Iaab - International Exchange & Study Program Basel. Solo shows (selected): 2009 Videotellurium Motion II, Galapagos Art Space, Dumbo, New York (USA); 2008 A.I.R. ONE, Substitut, Berlin (Germany); 2007 Pool installation, Galapagos Art Space, New York; 2006 Where Ever you may be, The Artist Network Gallery, Soho, New York. Current group shows (selected): 2009 TINA B, Festival of contemporary Art, Prague (Checkoslovakia); Biennale Chongqing (China); Dialogue of the Generations, Kunsthalle, Palazzo Liestal (Switzerland).

ABC/PROGETTO OMBRA di Ruggero Maggi



PROGETTO OMBRA

di Ruggero Maggi




Performance di Ruggero Maggi


L’esplosione della prima bomba atomica, produsse almeno 3 effetti: la vaporizzazione immediata dei corpi delle vittime, la sequela a distanza di deformità e gravi malattie, la minaccia della ripetizione della tragedia.”

“La soluzione formale ideata per richiamare l’evento è semplice ed efficace: dal profilo di vari esseri umani sono ricavate sagome in carta che, appoggiate sul selciato e successivamente dipinte, lasciano un’ombra….un’ “eliminazione di umanità” effettiva, di grande forza allusiva”.



Quando la prima bomba atomica esplose su Hiroshima gli esseri umani furono istantaneamente vaporizzati, lasciando sul terreno solo le loro ombre. I resti di queste vittime hanno fornito le immagini ed il tema per il Progetto Ombra.

Questa azione è nata con lo scopo di evocare un momento tragico della storia dell’uomo: il 6 agosto 1945, alle ore 8,15, a Hiroshima manifesto contro gli orrori della bomba atomica di Hiroshima: da qui la relazione, non solo concettuale, con il Progetto Ombra. I corpi coperti di bianco, in cui l’identità sessuale è quasi irriconoscibile, saranno uno degli elementi centrali dell’azione di Maggi: creeranno, staccandosi dal terreno dopo che anche il loro contorno sarà stato dipinto con la tempera bianca, ombre riecheggianti le tragiche tracce lasciate dai corpi vaporizzati di Hiroshima e Nagasaki.

Ma il Progetto Ombra può superare le proprie radici: partendo dal dato storico, può dilatarlo ed assumerlo come simbolo generale di dis-umanità. Il tema dell’ombra diventa così più ampio e quotidiano, tale da coinvolgere ciascuno di noi, nella nostra “comune” vita di uomini comuni.

L’uomo è un complesso impasto di qualità, capace di nobili slanci e di oscure bassezze; il “livello di umanità” potrebbe essere misurato da un ago di galvanometro che oscilla tra i due poli, positivo e negativo, di un campo elettrico.

La tragedia iperbolica di Hiroshima può frantumarsi in mille drammi non meno gravi, perché quotidiani.

Ogni crudeltà, ingiustizia, prevaricazione, violenza, perpetrata nei confronti degli altri e del mondo, determina uno spostamento dell'ago verso l'estremo negativo della scala, rappresenta uno scadimento di valore e una perdita di senso esistenziale. Tali azioni possono essere, e sono state, di grande portata storica (le persecuzioni, le guerre, l'energia atomica usata a fini distruttivi), ma possono anche investire la dimensione del quotidiano e del privato, e non essere meno gravi perché meno clamorose. In ogni caso, sia nei grandi che nei piccoli drammi, viene smarrito e non sempre facilmente ripristinato, un valore fondamentale, quello dell' "umanità", cioè quel carattere di armonia con sé stessi e con il mondo che si conquista quotidianamente e che permette agli uomini un'integrazione creativa con l'ambiente naturale e sociale in cui vivono. Ogni evento negativo è, in ultima analisi, una sottrazione di umanità, un atto di morte piccolo o grande che lascia dietro di sé il vuoto e provoca dunque un effetto d'ombra.

L’elenco delle sottrazioni di umanità, inquietante testimonianza di grandi e piccoli scivolamenti, può rimanere solo tale con tutta la sua analitica, ripetitiva e sconfortante sistematicità, oppure può attingere alla sintetica rappresentazione simbolica della performance realizzata presso il Comune di Osnago, in occasione del Festival Butoh.
R.Maggi





Chi è Ruggero Maggi?

Visita :
http://www.ruggeromaggi.it/





Ruggero Maggi artista e poeta, vive e lavora a Milano; in questa città compie gli studi e si diploma in architettura di interni. Dagli anni settanta la sua ricerca artistica è all’insegna della sperimentazione, affiancando alle innovazioni tecnologiche quali laser, neon, l’olografia, materiali naturali come roccia sabbia canapa. Dal 1973 si occupa di poesia visiva e dal 1975 di copy art, libri d’artista, arte postale. Trai suoi numerosi progetti si segnala la Mail Art: intrapresa già nel 1975, oggi, nell’era di internet, l’artista si pone come centro di una comunicazione capillare. Come egli stesso afferma “probabilmente il Network stesso della Mail Art è la più grande opera d’arte del mondo!”. Nella pluralità di esperienze che lo caratterizzano, possiamo individuare l’Uomo come comune denominatore: il suo agire, il suo destino, il suo ruolo e la sua funzione sulla Terra a testimonianza di una costante attenzione al sociale. Numerose sono le mostre alle quali partecipa dagli anni ’70 ad oggi: nel 1994, ad esempio, presenta l’installazione-neon Il peccatore casuale al Museo d’Arte contemporanea di San Paolo in Brasile. Partecipa alla Biennale di Venezia nel 2001 nel progetto “Bunker poetico”. Fautore del contatto diretto tra gli operatori d’arte, a Milano ha costruito nel 1973 il Milan Art Center, una casa dell’arte crocevia di conoscenze e creatività. Nel 2007 ha curato per la Biennale di Venezia l’evento “Camera 312 – promemoria per Pierre”.
VIDEO DI RUGGERO MAGGI
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"Underwood" di Ruggero Maggi GAM GALLARATE, 2006. Video di Gianni Marussi
http://www.video.mediaset.it/mplayer.html?sito=tgcom&data=2009/07/16&id=31094&from=aggregatore_search

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Nuovo Video


“ECCE OVO” di RUGGERO MAGGI Installazione realizzata a Cosenza, a Vertigoarte inizio 2009, curatrice Mimma Pasqua.
http://www.video.mediaset.it/mplayer.html?sito=tgcom&data=2009/06/17&id=30884&from=aggregatore_search


Profondità 45-Torino
Michelangelo al lavoro , mostra a cura di Ruggero Maggi, promossa da TCG, regia M. Gasquet
http://www.video.mediaset.it/mplayer.html?sito=tgcom&data=2009/07/10&id=31044&from=aggregatore_search

visita il blog di Sandro Bongiani



ABC/ARTE POSTALE






Cos'è l'Arte Postale?
di Vittorio Baccelli



L’arte postale è sopratutto un lavoro collettivo, ogni mostra alla quale partecipano, di norma, centinaia d’operatori è un corpus a se stante. Un operatore invia il suo lavoro ad un altro che postalmente risponde: si crea così un feed-back che è una delle componenti essenziali della mail art. Altra componente è che la mail art non è solo un’arte spedita per posta, ma essa viene concepita fin dall’inizio, proprio espressamente per la posta, dunque non è uno scambio d’immaginine più o meno artistiche tra operatori. Dalla posta si è poi passati ad altri più sofisticati mezzi di comunicazione quali telefono, telex, telegrammi, radio, TV, computer, fax ed internet. Molte sono le motivazioni che hanno contribuito alla creazione d’un circuito d’interscambio postale, ed una di esse è stata sicuramente la continuazione delle esperienze underground che si trovavano ovunque in un empasse totale, non sono mancati tuttavia notevoli agganci con le esperienze delle passate avanguardie artistiche, dalla pop art ai situazionisti, infine ad alimentare ulteriormente il circuito postale vi è stata l’immissione dei giovani poeti, visivi e non, che erano alla ricerca d’un loro nuovo ruolo e di nuove collocazioni.







L’idea di partenza sulla quale poggiano le teorie mail, è la seguente: non esiste più l’artista, tutti hanno la possibilità e la capacità d’esprimersi creativamente e d’immettersi all’interno del circuito, la comunicazione è liberata e tendenzialmente indipendente dalle istituzioni, dalle mafie culturali o dalle censure capestro di critici e galleristi. Il medium postale scavalca ogni filtro culturale per aprirsi ad una comunicazione intima, gratuita, personale, al di fuori d’ogni binario prefissato. L’interdisciplinarietà e la marginalità d’ogni operazione è assoluta, con tutti i risvolti, negativi e positivi, insiti nell’operazione stessa; la barriera autore/fruitore crolla definitivamente in quanto il destinatario è stimolato a sua volta a rispondere in maniera creativa, se viene a mancare l’andata e ritorno il messaggio perde di valore, se un anello della comunicazione s’interrompe anche la mail art s’interrompe, essa sussiste se è solo nei due sensi e se poi l’arte postale non circola, non è fruita, pian piano essa muore.Invii postali, cartoline, xerox, poesie visive, fax, messaggi che navigano in internet, fanzine, ingolfano l’etere, i cavi ed i sacchi dei nostri già affaticati postini, così si scriveva almeno fino a qualche anno fa; anche se è impensabile poter effettuare un censimento globale della mail art, la sua popolazione è stata stimata dai già citati Michael Crane e Mary Stofflet in Corrispondence Art, aggirarsi attorno dalle dieci alle ventimila unità nel periodo della fine degli anni settanta. Se teniamo conto che il numero di esposizioni, progetti e praticanti è certamente aumentato nel corso del decennio successivo che segna il periodo di massima espansione della mail art, segnando il passo solo in questi ultimi anni, non dovrebbe esser troppo lontano dal vero una stima complessiva di almeno cinquanta o centomila individui che per periodi più o meno brevi di tempo hanno fatto parte della rete postale, questo almeno è quanto afferma Baroni. Un numero certo troppo elevato per un qualsiasi gruppo o movimento artistico che voglia presentarsi con una sua precisa ed unitaria identità, ma anche un numero, in fin dei conti risibile rapportato alla popolazione del pianeta se vogliamo considerare l’arte postale alla stregua d’un fenomeno culturale.




Se vogliamo invece considerarlo anche in prospettiva statistica, la mail art è qualcosa d’indefinibile che si colloca a metà strada fra due estremi con sue caratteristiche peculiari: è molto di più d’una confraternita d’amici di penna, ma molto di meno di una moda planetaria, risulta impossibile da censire materialmente – chiunque può inventarsi o scoprirsi mailartista – anche se a ben vedere sono poche centinaia i networker rimasti attivi in rete per più di un decennio o addirittura poche diecine quelli attivi per due decenni o più. Uno sguardo d’insieme sulla metamorfosi avvenuta nella scena mailartistica dalle origini ad oggi può servire a questo punto per dissipare qualche dubbio sulle reali dimensioni del fenomeno. Lasciando da parte i precursori, di cui si è detto, l’arte per corrispondenza degli anni ’60 è un’attività quasi carbonara, che si sviluppa più o meno contemporaneamente in diverse parti del globo, soprattutto grazie alle liste FLUXUS sia in Europa sia negli USA, alle reti di corrispondenza tessute da Ray Johnson, ed i contatti fra poeti sperimentali nell’America Latina. Il fatto che non esistessero ancora modelli a cui conformarsi, rende la mail art di questo decennio, estremamente varia, fresca ed imprevedibile. Il numero relativamente ridotto di praticanti permette di mantenere alto il livello di comunicazione personale, lo scambio intimo ed approfondito. Questi primi praticanti lo sperimentalismo intermedia si considerano artisti tout court che usano anche il mezzo postale, a fianco di numerosi altri. Le posizioni mutano con le prime grandi esposizioni degli anni ’70, che agiscono come veri e propri virus, contagiando ed ispirando diecine di nuovi praticanti. Il processo poi si replica a catena, dando vita ad una seconda generazione di operatori che non hanno problemi ad autodefinirsi specificatamente artisti postali.



opera di Mail Art


Si consolida così una serie di consuetudini per quanto riguarda l’organizzazione di mostre e progetti, cominciano a distinguersi autori specializzati in particolari aspetti dell’attività postale: timbri, francobolli, cartoline, buste, ecc. Prende forma anche lo spirito di rete, il senso d’appartenenza ad una comunità internazionale con la formazione di numerosi gruppi e sottogruppi ad imitazione della New York Correspondance School. Dopo la metà degli anni ’70, parallelamente all’esplodere del fenomeno punk, inteso nel suo complesso di ramificazioni sub-culturali, grafico-visive e comportamentali, oltre che come corrente musicale, l’arte postale subisce una graduale, ma sostanziale trasformazione: da espressione in fin dei conti coltivata da una più o meno cerchia d’artisti e poeti professionisti e semiprofessionisti, si passa ad una pratica allargata che coinvolge migliaia di persone dei più diversi starti sociali col conseguente disturbo di un buon numero d’artisti e pionieri del genere, che non vedono di buon occhio questo processo di popolarizzazione. La crescita del numero di operatori si accompagna ad una progressiva diffusione dei contatti in paesi diversi da quelli ove la mail art ha avuto origine. Negli anni ’80 mentre nell’arte ufficiale, dopo le eccentricità dei due decenni precedenti, le redini tornano saldamente in mano ai mistificatori delle leggi del mercato, critici, galleristi, mafie culturali, ecc., con un reazionario ritorno in auge della pittura da cavalletto, transavanguardie, ecc., la strada della mail art diverge sempre più da quella delle biennali, piene di tele gigantesche e costosissime, ma prive di aura, cercando invece spazi in aree spiritualmente più affini, privilegiando sempre la propria miniaturizzazione del mondo all’insegna del "piccolo è bello". Con un’età media dei praticanti che da 30, 40 dei decenni precedenti, tende ad abbassarsi sui 20, 30 ed anche meno, la terza generazione di arte postale s’avvicina a quelle sub-culture giovanili che hanno mantenuto in vita attitudini di ricerche interdisciplinari: il mondo delle fanzine autoprodotte, delle etichette musicali indipendenti, della small press alternativa, circuiti d’autori impegnati in tendenze artistiche messe in disparte dal mercato, quali body art, performer, copy art, video art, poesia visiva e concreta, ecc. fino alle nascenti comunità di hacker e navigatori (cow boy) del cyberspazio.




Chi è Vittorio Baccelli?
vittorio baccelli, luccaHome Page: http:/http://www.vittoriobaccelli.135.it/





ABC /ARTE E BENI CULTURALI



La cultura in Italia


" Come mai siamo caduti così in basso "

Calano sensibilmente il numero dei visitatori in Italia, nei musei e nelle mostre organizzate nel 2008. Ulteriore allarme per la cultura del nostro paese. Tutto ciò risulta dal dossier dei dati presentato all’Auditorium dell’Ara Pacis dal manager dei Beni Culturali Mario Resca. La cultura è decisamente in crisi. Scorrendo la classifica del mondo si scopre - questa non era una novità - che gli Uffizi sono solo al ventitreesimo posto mentre il Louvre è in crescita con ben sette milioni di visitatori in più. La situazione negativa si evidenzia al sud, a Pompei come a Caserta ormai fanalini di coda di questo inquietante censimento. L’Italia, nonostante possieda un numero considerevole di opere d’arte, si trova a gestire questi beni in modo assai improvvisato diventando alla fine un peso per tutta la collettività. Non è vero che la cultura mondiale è in crisi. La Francia come l’Inghilterra o la Svizzera, per esempio, si ritrovano decisamente in attivo, con una richiesta considerevole di offerte e un uso appropriato dei fondi statali e dei finanziamenti privati . Di contro, noi ” abituati a mungere la cosa pubblica” mettiamo in scena solo piattaforme provvisorie non adeguate al considerevole patrimonio culturale. Alcuni mesi fa, ai primi veri segnali della crisi finanziaria, il ministro Sandro Bondi si era affrettato ad affidare questo settore al Superman Mario Resca, ex amministratore di Mc-Donald Italia al fine di tentare di valorizzare un po’ meglio il nostro patrimonio. Nonostante ciò, perdiamo ancora posizioni e richiesta culturale da parte del pubblico internazionale. Non si è capito ancora che per far cultura occorre creare alla base l’ accoglienza e l’organizzazione mirata delle offerte, evitando l’improvvisazione e le trovate poco professionali. In questa situazione delicata, nonostante ci si lamenti dell’insufficiente bagget statale, Mario Resca, come tutti i suoi predecessori, si lecca un gelato Mc-Donald da 80 centesimi e soprattutto le ferite di questo ulteriore in-successo tutto Made in Italy .

Lettera aperta al Ministro Sandro Bondi


IN ITALIA PERCHE’ DECLASSIAMO LA CULTURA?
Il mondo della cultura e dell’arte è in forte fermento con i forti tagli delle risorse italiane destinate alla cultura. Ormai la paura si è tramutata in incubo e panico generale. L’intero settore è ormai in ginocchio. Sono stati chiusi già più di 400 teatri e si taglieranno diversi film già in produzione e diversi musei potrebbero a breve chiudere definitivamente. L’Italia a differenza degli altri paesi europei ritiene la cultura una cosa inutile da tagliare perché non produce ricchezza apparente. Qualche tempo fa il ministro Bondi promise di defiscalizzare tutta l’arte prodotta in Italia, purtroppo sono rimaste parole al vento e praticamente lettera morta. Temo la povertà spirituale molto di più di quella economica. Mi chiedo: perché non si investe in cultura? La cultura se ben gestita produce la ricchezza, -non solo in senso economico- di un paese civile. Ci rimane soltanto la cultura bassa dei guardoni del Grande Fratello, i curiosi dell’Isola dei Famosi, i monotoni e appariscenti incontri da Maria De Filippi dove l’apparire è l’unica occasione per esserci e in quanto tale viene esibita senza alcun ritegno. Vincenzo Cerami, qualche giorno fa ha detto: “La cultura crea coesione sociale, incoraggia la creatività, combatte la solitudine”. Senza la cultura -credo- si soffoca l’invenzione e i sogni di ognuno di noi, rimane accesa solo la televisione nazional-popolare che condivide il “Gossip”, volutamente di bassa levatura culturale. Tutto ciò fa comodo al sistema Italia perché non ci fa pensare, dandoci in definitiva la dimensione stereotipata e omologata di ciò che siamo o potremmo ben presto diventare.

LA NOTIZIA DI OGGI

" la Fondazione Musei Civici di Venezia annulla per mancanza di fondi il progetto della mostra “Astrazioni”, in programma al Museo Correr, anello della trilogia Futurismo100 che - per la cura di Ester Coen – avrebbe dovuto celebrare compiutamente il lavoro di Giacomo Balla e costituire la nervatura centrale delle celebrazioni per il centenario del movimento".



Balla? No gratis !!!

Un’altra mostra che in questi tempi di vacche magre viene fortunatamente soppressa. Al dire il vero, non ho mai creduto che una miriade di mostre sparse per tutta la penisola potessero servire alla causa comune per rivalutare al meglio il movimento futurista italiano. Troppe mostre a macchia di leopardo, una per ogni parrocchia, scollegate e senza alcuna coordinazione generale di un progetto unitario comune, alla fine ha contribuito a devastare i pochi finanziamenti ancora disponibili e a ottenere il risultato opposto a quello immaginato. Anche la Biennale di Venezia oggi non è da meno, ci mostra nel nostro padiglione italiano- ancora una volta- come noi sappiamo far bene e con classe, in pieno 2009, le “pugnette futuriste di nuova generazione un pò italiane e un pò fasciste” . Con l “aut aut del canta che ti passa” imposto da Venezia, aimè, Futur Balla non può più ballare gratis; può solo girarsi rovinosamente nella tomba fino a farsi male.

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MUSEI, EDITORI E SPAZI PUBBLICI

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Lista general de museos
opere presenti :

Alte Pinakothek
Museo de Bellas Artes de Vitoria
Basílica de San Francisco de Asís
Museo de San Marcos
Casón del Buen Retiro
Museo del Prado
Centre Georges Pompidou
Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte
Colección Real del Castillo de Windsor
Museo Lazaro Galdiano
Colección de la Fundación Juan March
Museo Municipal de Bellas Artes de Santander
Galería de los Uffizi
Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía
Graphische Sammlung Albertina
Museo Pushkin de Bellas Artes de Moscú
Guggenheim
Museo Romántico
Instituto de Arte de Chicago
Museo Sorolla
Instituto Valenciano de Arte Moderno
Museo Thyssen-Bornemisza
Kunsthistorisches Museum
Museos Vaticanos
MOMA, The Museum of Modern Art
National Gallery of Art, Washington D.C.
Musée D’Orsay
Real Academia de Bellas Artes de San Fernando
Musée du Louvre
Real Monasterio de San Lorenzo de El Escorial
Museo de Arte Abstracto Español
Rijksmuseum
Museo de Arte Moderno de Barcelona
Rijksmuseum Vincent Van Gogh
Museo de Bellas Artes de Bilbao
Tate Gallery
Museo de Bellas Artes de Boston
The British Museum
Museo de Bellas Artes de Burdeos
The Hermitage Museum
Museo de Bellas Artes de Grenoble
The Metropolitan Museum of Art
Museo de Bellas Artes de Sevilla
The National Gallery, London
Museo de Bellas Artes de Valencia
The Whitney Museum of American Art
di Sandro Bongiani visita il blog


SEGNALIBRI Ophen Art / Nicolò D'Alessandro

ARCHIVIO OPHEN ART


NICOLO' D'ALESSANDRO









[casa studio gianbecchina]
Sambuca Di Sicilia (AG) - dal 2 agosto al 2 settembre 2009




CASA STUDIO GIANBECCHINA In occasione delle celebrazioni del centenario della nascita del maestro Gianbecchina sarà aperta al pubblico la casa-studio del pittore siciliano a Sambuca di Sicilia (c. da Adragna), dove si è inaugurata una mostra personale di Nicolò D’Alessandro.





I Lavori di Nicolò D'Alessandro presenti su Archivio Ophen di Salerno : SPAZIO OPHEN VIRTUAL CON/TEMPORANEO - DALLA PARTE DEL SEGNO

http://archivioophenvirtualart.blogspot.com/2008/11/cose-larchivio-ophen.html


INTERVISTA a Nicolò D'Alessandro


Il disegno quindi è un altro modo di "scrivere"?

"Certo. Ma il disegno è anche qualcosa in più. Ad esempio architettura, teatro e pittura sono tutte figlie del disegno. Il disegno è attuale proprio perché è eterno, visto che non ha mediazioni. Credo che l'esempio lampante sia nei disegni delle Grotte di Lascaux, realizzate 15.000 anni fa e che ancora oggi riusciamo a leggere e decifrare, mentre ai giorni nostri ci sono gli emoticon di internet che sono globali con i tratti universali: il cerchio, il punto, la linea e il quadrato. Oggi, a quasi 40 anni la mia esperienza mi dà la forza di affermare che il disegno è la nostra “salvezza”, in termini prepotentemente culturali".

"Ma oggi sono cambiati i processi di comunicazione e intere generazioni non hanno più gli strumenti perché ritengono che il passato non serva, che la storia non esista. Gli artisti di oggi sono diffidenti nei confronti delle passate generazioni. Agli artisti di oggi chiedo di non farsi prendere in giro dai falsi profeti, dai cattivi maestri, che partendo da un'ideologia forte, ritornano a un pensiero debole per fare i proprio interessi. Utilizzano il grande "vuoto" che c'è per costruire un "pieno" che non esiste. Gli artisti devono imparare ad andare dritto verso la metà e non a zig-zag. Devono andare fino all'obiettivo senza ascoltare i panegirici dei critici a pagamento. Purtroppo credo che le Accademie non diano gli strumenti giusti agli artisti, non insegnano agli artisti a scegliere e a rinunciare alle mostre e alle esperienze inutili".


"Sono assolutamente consapevole del fatto che intorno all'arte debbano girare dei soldi, perché l'arte entra nel processo economico. Ma non voglio un criterio mercantilistico dell'arte. In uno stato confusionale dell'Arte solo senza il "denaro" si può mettere ordine".













Chi è Nicolò D'Alessandro?

Nicolò D'Alessandro Autore de "La valle dell'apocalisse", metri 83,50 x 1,50, (il disegno più lungo del mondo), vive a Palermo. Ha tenuto un centinaio di personali, 200 collettive e pubblicato diversi libri.







Nicolò D’Alessandro nasce a Tripoli (Libia) da genitori siciliani nel 1944. Vive a Palermo. Partecipa alla vita artistica italiana dal 1961 esponendo per invito a numerose collettive nazionali ed internazionali in Italia e all’estero. Ha firmato scene e costumi di spettacoli teatrali. Collabora come direttore artistico per alcune case editrici. Svolge un’intensa attività grafica curando oltre cento libri con copertine e disegni, più di ottanta impaginazioni e numerosi manifesti. Si é sempre interessato parallelamente di ricerca estetica, contribuendo con scritti critici. Numerosi disegni sono stati pubblicati in riviste, giornali e libri in Italia e in molti altri paesi. Dal 1963 ha tenuto ottantacinque mostre personali e oltre centosettanta collettive su inviti di gallerie, enti ed istituzioni culturali, in Italia e all'estero, Si citano le più significative. Nel 1980, a Palermo, l’Opera Universitaria ospita “La Nave dei Folli” e nel 1981 l’Accademia BB. AA. della stessa città propone numerosi disegni ed acqueforti dal 1973 al 1980. Ampio consenso critico ed artistico suscitano le mostre personali di Bucarest (1981) e Budapest, Amsterdam (1982) ed ancora quelle di Belgrado, Zagabria (1983); New York (1985); Mosca (1988); Praga (1989); Presov, Novj Jicin, Radhostém, Plzen, Pisek, Humenné (1990); Brno, Kosice, Benejov u Pray, Bratislava (1991); New York (1992); Palermo (1996); Tichy, Olkutz, Madrid, Cracovia (1997), Rimini (1999), Palermo (2001). Piombino (2002), Catania, Cefalù (2003). Trapani, Varsavia (2005), Caltanissetta (2006).


E’ autore del disegno a china e china colorata: La Valle dell’Apocalisse (metri 83,50 x metri 1,50), iniziato il 6 novembre 1989 ed esposto in anteprima assoluta a Racalmuto (1991). L’opera definitiva é stata esposta in anteprima mondiale a New York (1992). E’ il disegno più lungo del mondo. Ha partecipato a circa centosessanta collettive. Vastissima la bibliografia. Molto é stato scritto sul suo lavoro in Italia e all’estero.


Tra le varie pubblicazioni: Una favola, edizione interdisciplinare di documentazione e di ricerca culturale, Palermo, 1973; Situazioni della pittura in Sicilia (1940-1970), Célèbes Editore, 1975; Frammenti di memoria praticabile, Ila Palma, 1982; Giocolieri, Ila Palma,1985; Imprecisioni ed appunti, Ila Palma, 1986; La Casa sulla collina, Cross-Cultural-Communications, New York,1988; Pensieri come virgole, Ila Palma,1989; Pittura in Sicilia (dal futurismo al postmoderno), La Ginestra, 1992; Favole ed altre favole, Edizioni dell’ Arrotino, 1993; La valle nelle memorie dei visitatori in La Valle dei Templi, Sellerio Editore, 1994; La Valle dell’Apocalisse (il disegno più lungo del mondo) Cross-Cultural-Communications, New York, 1995; Intervista in Oltre il Chador, Edizione Torre Archirafi, 1995; Emergenza cultura a Palermo, Nicola Bravo Editore, 1995; La Regina e le sue ancelle in Agrigento, Edizioni Ariete, 1995; La Valle dell’Apocalisse (racconto), Edizioni Mazzotta, 1996; Viva Palermo e Santa Rosalia in Raccontiamo Palermo, Nuova Ipsa Editore, 1996; Nel Cuore della Città Antica (La poetica di De Angelis), Edizioni DEA, Palermo 1997; Un incanto tra Sicilia e Africa in Isole Pelagie, Viaggio in Sicilia, Edizione Ariete, 1998; Intorno alle pratiche sparse di Francesco Carbone, Fiumare d’Arte, 1998; La Luce nel Nero (Tino Signorini) Edizioni TIESSE, Palermo 1998; Artisti siciliani nel secondo “900”(X° volume) in Storia della Sicilia, Editalia, 1999; Transiti (Lorenzo Guzzo), Palermo 2000; Affabulanti teche del silenzio e del dolore (Carmela Corsitto), Enna 2000; Innamorato di un’alga in Amori, 2001; Introduzione in Palermo (Michele Lessona), Coppola Editore, Trapani, 2001; Transiti tra casualità, rigore e lamiere rugginose (Totò Vitrano), Edizione Scirocco, 2002; Pattern senza direzioni (Matilde Trapassi), Elledizioni, Palermo, 2003;Bestiario marino (Patrizio di Sciullo), Edizioni Mazzotta, 2004; Artisti Contemporanei, Cefalù, 2004; Tra etica ed estetica, (Percorsi Etici di Giuseppina Radice) Edizioni Mazzotta, Catania, 2005; Sculture e disegni, (Edo Janich), Art Gallery Seledi, Palermo, 2005; Il gioco delle apparenze (Laura Arancio), Palermo, 2005; Dal disegno alla pittura (Antonio Cutino), Palermo 2005; Esplorazione di un percorso tematico (Gaetano Lo Manto), Palermo 2005; Dall'equivoco dell'informale ai racconti frattali (Nino Parlagreco), Bagheria 2005; Omaggio alla Pop Art in Bart Man (Bartolomeo Manno), Palermo, 2006; Emigrazione, un dramma antico (Giuseppe Agozzino) 2006;Passeggiata nei territori immaginativi (Gabriella Patti) 2006.




consulta:











Il fatto: Oltre 6000 opere distrutte nell'incendio del 30 gennaio del 2008 a Palermo




Nicolo' D' Alessandro e la memoria distrutta

Repubblica — 30 gennaio 2008 pagina 1 sezione: PALERMO







Palermo, incendio del 27.01.2008





Nelle pareti della casa incendiata del pittore-incisore Nicolò D' Alessandro, sono rimasti solo gli aloni dei quadri divorati dalle fiamme. Ora tutto è cenere. Il fuoco ha cancellato almeno seimila pezzi fatti dall'artista, in gran parte incisioni e disegni, quattrocento oli e centocinquanta copertine di libri che aveva creato, senza contare le sue collezioni. «Si sono bruciati i centodieci disegni sui mostri di Villa Palagonia a Bagheria, cento disegni ispirati alla Torre di Babele esposti questa estate a Varsavia. D' Alessandro, nato a Tripoli 63 anni fa, ha al suo attivo 89 mostre personali in tutto il mondo - Russia e America inclusi - e centinaia di collettive. Collezionista incallito, la sua casa era un museo sontuoso. Stampe antiche, incisioni del Seicento e del Settecento, duemila cataloghi di mostre, molti dei quali rari, epistolari, ritagli di giornali sul suo mezzo secolo di attività. «Mi sento cancellato», dice. E rimpiange anche le centinaia di lettere degli amici artisti. «Avevo una bella corrispondenza con Guttuso, col poeta futurista Giacomo Giardina, col critico mecenate Francesco Carbone fondatore di Godranopoli. E con tanti altri». Si duole anche per i tanti libri preziosi, antichi di tre secoli. «Mi viene da piangere se penso che avevo libri con dedica agli amici del tempo dei grandi autori. Uno era stato firmato da Luigi Pirandello. Ora non ho più nulla da donare.


Peccato. Purtroppo i tempi della politica sono biblici. E mentre loro perdono tempo, il tempo si ingoia tutto. In una realtà diversa, i miei disegni sarebbero stati al riparo. Da anni. Ora mi chiamano tutti, politici, sindacalisti, sindaci. Mi dicono che debbo farmi forza che le mie opere sono importanti, che sono un patrimonio per la Sicilia e non solo. E se ne accorgono solo adesso che artisticamente sono morto?».

La sua opera più famosa, che si è salvata assieme a duecento disegni perché si trovava in un altro luogo, appunto quella "Valle dell' Apocalisse" passata alla storia dell' arte e del costume come «il disegno più lungo del mondo», che l' artista ha realizzato in tre anni di incessante lavoro, dal 1989 al 1992. Lungo 83,50 metri, alto un metro e mezzo, racconta la disperazione in un mondo che ha perso la sua umanità. Una sorta di bestiario medievale, con animali dalle inquietanti sembianze, e uomini di oggi abbrutiti dai disvalori e dal dio denaro. A rivedere i disegni nel catalogo pubblicato nelle edizioni Guida (la mostra venne organizzata a Palazzo Asmundo nel 1996)

estratto da un articolo di Tano Gullo





articolo del 30.01 2008 pubblicato da "la Repubblica"
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/01/30/alessandro-la-memoria-distrutta-dal-fuoco.html




L’intervista : DISEGNO PER RACCONTARE IL MONDO
http://www.tribenet.it/print.php?id=6054






Stanze di Luce: Recupero dei disegni del pittore Nicolò D'Alessandro
Da diversi giorni la soc. coop, "Stanze di Luce" ha iniziato il lavoro di recupero di quanto le fiamme hanno risparmiato nel terribile incendio dello studio-abitazione del pittore Nicolò D'Alessandro.Quaranta anni di attività tra disegni a china, a matita, incisioni, libri, documenti e la stessa collezione privata del Maestro, comprendente opere di Janich, Guttuso, Caruso, Zancanaro, Treccani.




ABC/ LE VISITE VIRTUALI








Alphabeti Srl, Via Sebenico, 14 - 20124 Milano.
Tel. 02 608 30 196.
email info@alphamuse.it.



ALPHAMUSE: Le Gallerie Virtuali del futuro

Il Museo o la mostra che non c'è


Le gallerie virtuali sono una realtà ormai già consolidata. “Alphamuse” è una raccolta di gallerie completamente virtuali, il luogo dove i miti dell’arte rivivono presentando al mondo l’immenso patrimonio artistico appartenuto alla nostra civiltà. Le Muse, ancora oggi, sono il punto di partenza e di arrivo della nuova cultura tecnologica e il web, in particolar modo, diventa lo spazio espositivo “senza tempo”. L’esigenza di creare questo spazio accessibile a tutti scaturisce dalla volontà di dare opportunità al pubblico di scoprire tutte le realtà dell’arte. Il sito è costruito interamente con la tecnologia I’MVR® (Interactive Multimedia Virtual Reality), che permette di “navigare” nell’arte a 360° e visualizzare contenuti di approfondimento.


Alphamuse presenta diverse gallerie dove trovano spazio i musei, le città d'arte, le mostre e i siti archeologici: Calipso, Museo, Polis, Arte Sacra, Virtual Expò e Iride aspettano il cyber visitatore che grazie al format I'MVR® potrà esplorare in maniera interattiva ambienti e piazze, scoprendo tesori famosi e meno noti.



VISITA:





- COS’E’ MUSEO?
Museo è la sezione creata per approfondire la conoscenza dei Musei

/http://www.alphamuse.it/museo.php





- COS’E’ ARTE SACRA?
In Arte Sacra chiese e basiliche sono tutte da scoprire attraverso una nuova modalità creativa per promuoverne la bellezza e l’unicità.
http://www.alphamuse.it/arte_sacra.php





- COS’E’ POLIS?
Con Polis le città d’arte sono a 360° per dare la possibilità a tutti di passeggiare, stando seduti a casa, nelle più belle piazze d’Italia, anche quelle meno conosciute. Il visitatore che entra in contatto con la città attraverso lo schermo è potenzialmente il turista che visiterà quello stesso territorio portando, in questo modo, benefici economici a tutta la comunità.
http://www.alphamuse.it/polis.php







Ambrosiana Virtuale e segreta

Quasi una Biblioteca/Galleria da sfogliare



Indirizzo Piazza Pio XI 2, 20123, Milano,
Telefono 02/806921
Sito http://www.ambrosiana.eu/



Per la Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana di Milano, nella sezione "Museo, è stato realizzato il progetto "Ambrosiana Virtuale e Segreta", in occasione dei 400 anni dalla fondazione di questa istituzione .

Tutti questi progetti multimediali vengono realizzati grazie alla realtà fotografica iterattiva (I'MVR® - Interactive Multimedia Virtual Reality), un framework ideato da Alphabeti.



consulta:

Sala 2 - Le magie del bello
-Sono presenti 13 opere


La sala 2 ospita dipinti italiani, in massima parte rinascimentali, non facenti parte della donazione del cardinale Federico Borromeo del 1618, ma pervenuti all'Ambrosiana con successivi lasciti. Oltre al noto Musico di Leonardo, questa sala della Pinacoteca conserva importanti opere fiorentine e venete, come la Madonna del Padiglione di Sandro Botticelli.
Nell'allestimento museale attuale si possono ammirare, oltre a quelle già citate, opere di Bergognone (Milano? 1453 - 1523), Vivarini (Murano 1430 - 1491 circa), Zenale (Treviglio circa 1450 - Milano 1526), Cima da Conegliano (Conegliano circa 1459/60 - circa 1517/18), Pinturicchio (Bernardino di Betto, Perugia circa 1454 - Siena 1513), solo per citare i nomi più noti.

Con l'allestimento virtuale si sono voluti riunire nella sala 2 altri capolavori significativi custoditi dalla Pinacoteca Ambrosiana. Per la nuova esposizione virtuale è stata scelta proprio la sala 2: intorno al Musico di Leonardo, considerata tra le opere più rappresentative dell'Ambrosiana, sono disposti capolavori di Caravaggio, Brueghel, Luini, Tiziano, Giorgione e Bramantino, esibiti in altre sale. Rispetto alla disposizione originale, il nuovo allestimento conserva un'opera di Bergognone, Botticelli e Pinturicchio.


Sala 5 - L'eternità del gesto (La Scuola di Atene)
-E’ presente solo un’opera di Raffaello Sanzio

Il grande cartone preparatorio per La Scuola di Atene, affrescata da Raffaello nelle Stanze Vaticane nel 1510, aveva suscitato l'interesse di Federico Borromeo già nel 1610, ma venne definitivamente ceduto dalla vedova del proprietario, Fabio Borromeo Visconti, solo nel 1626 per una somma di seicento lire imperiali. Peraltro, già nel 1625, il grande disegno è descritto nel Musaeum. Si tratta dell'unico grande cartone rinascimentale pervenutoci quasi integro.
Rispetto al dipinto manca l'architettura classica che accoglie e sovrasta il consesso dei filosofi e la figura di Eraclito, aggiunta da Raffaello ad affresco ormai concluso, usando le sembianze di Michelangelo. Per il resto il cartone comunica il grande equilibrio compositivo e la chiarezza di contenuto che Raffaello voleva raggiungere in questo trionfo della saggezza antica, radunata attorno alle figure cardine di Platone e Aristotele.



Sala Luini (Cristo incoronato di Spine di Bernardino Luini)
-E’ presente solo un’opera di Bernardino Luini

L'affresco, commissionato dal luogo pio, presieduto dal mercante Bernardino Ghilio, venne eseguito da Bernardino Luini e da "un suo gioveno" tra il 12 Ottobre e il 22 Marzo 1522; il primo avrebbe lavorato 38 giorni e il secondo altri 11.
Il dipinto, scandito in tre parti da un'articolata struttura architettonica che crea una sorta di loggiato, presenta al centro la regalità di Cristo incoronato di spine (CAPUT REGIS GLORIAE SPINIS CORONATUR), mentre ai lati sono inginocchiati in adorazione i confratelli di Santa Corona. La Regola della confraternita stabiliva infatti che ogni mattina fosse adorata in ginocchio la corona di spine di Cristo.
Oltre che nel naturalismo dello sfondo, peculiari componenti leonardesche di quest'opera sono rintracciabili nelle smorfie e nelle caricature dei volti degli aguzzini.



Sala della Rosa (Sala della Rosa - La Rosa delle rarità)
-Sono presenti 17 manoscritti rari

Fino agli inizi dell'Ottocento sull'attuale piazza Pio XI, ove oggi vi è l'ingresso della Biblioteca Ambrosiana, si affacciava la quattrocentesca chiesa domenicana di Santa Maria della Rosa. Questa nel 1831 venne demolita per ampliare il complesso architettonico dell'Ambrosiana. Dell'antica chiesa non rimase più nulla, se non alcuni affreschi ora conservati nella sala 22 della pinacoteca. Rimase però il toponimo, perché una delle sale della biblioteca realizzata dove prima sorgeva la chiesa venne per l'appunto chiamata "Sala della Rosa".
La sala è uno dei luoghi più suggestivi dell'Ambrosiana, perché in essa è stata riallestita quello che resta dell'antica e originaria scaffalatura lignea del Seicento. In tale sala si conservano numerosi libri antichi, preziose stampe e pregiate collezioni, nonché i primi libri cinesi giunti in Europa all'epoca del cardinal Federico Borromeo.


Inoltre, su commissione della Galleria dell'Accademia di Firenze, è stato realizzato un CD ROM con tutta la visita virtuale della Galleria in vendita al bookshop e di cui si può vederne una piccola parte in questo sito.


Navigazione Virtuale su:

http://www.ambrosiana.it/virtuale/




mercoledì 1 aprile 2009

ARTISTA ARCHIVIO OPHEN ART/ Gabriele Jardini





ARCHIVE OPHEN - ART EXHIBITIONS - CONTEMPORARY ART E MAIL ART



UN ARTISTA DELL'ARCHIVIO OPHEN ART


Gabriele Jardini , Uomo, sabbia luglio 2003 Sardegna (CA)




PERSONALE

DI

GABRIELE JARDINI

A VARESE




Muro di neve tra due betulle, bastoni appuntiti di varie dimensioni inverno 2004 Prealpi Svizzere (CH)


“Per presentare “Buchi nella neve” l’opera che Gabriele Jardini espone nello spazio di Clip, non si può che partire dalle sue stesse parole che raccontano il processo del suo lavoro e la pratica “tribale” attuata per la realizzazione di questa scultura/fotografia (“Tra due tronchi di Betulla pendula ho costruito un muro di neve che il gelo della notte ha indurito. La mattina seguente, per la foratura della parete ghiacciata, sono andato alla ricerca di grossi rami secchi di varie dimensioni che ho appuntito e scaldato gli apici sul fuoco”). La scultura originale, realizzata con materiali deperibili sulle prealpi svizzere nel Dicembre del 2000, è presentata qui come immagine fotografica, medium che Gabriele Jardini predilige e sceglie per tradurre e proiettare nel futuro le sue effimere e deperibili installazioni. Jardini è un artista che s’immerge nella natura con lo sguardo indagatore dello scienziato e quello immaginifico del poeta. La sua docile erranza gli permette di considerare il territorio come una palestra per la fantasia e l’immaginazione, e di intervenire nei luoghi della natura organizzando in una dialettica quasi osmotica, spazi, forme e colori. E questo, pensando anche alla storia dell’arte contemporanea, con cui relazionarsi discretamente, come in questo caso, Buchi nella neve, dove ritroviamo un sotteso omaggio ai buchi di Lucio Fontana rimodellati poeticamente sul mondo reale. In fondo è un artista che sa cogliere le piccole cose: lascia scorrere, lavora sul tempo, si adatta, seleziona, riporta,pratica l’attesa e poi, porta la natura dentro ad una stanza. “







Gabriele Jardini: Dall'altra parte dell'ombra

Testo
di Sandro Bongiani


In poco tempo l’uomo è riuscito a trasformare l’ambiente in cui vive a ritmi sempre più accelerati. La distruzione delle foreste tropicali, la desertificazione,il buco dell’ozono, le piogge acide minacciano inevitabilmente la delicata struttura e il precario equilibrio, ormai la sfida ambientale coincide con la nostra stessa esistenza, a meno che non venga riscoperto e propiziato uno spirito umanistico con un sentimento morale nei confronti della natura quasi dimenticata e delle sue straordinarie possibilità. Purtroppo, la natura è stata sostituita integralmente dalla cultura, la realtà da una catasta di logori relitti tecnologici. La perdita della “totalità” ha reso il rapporto tra l’uomo e la natura assai problematico. Di sicuro, dopo il Romanticismo, il percorso dell’arte ha conosciuto una intensa accelerazione che ha bruciato rapidamente il confronto con la natura, nel fuoco di una esigenza progressiva a valersi della più assoluta libertà espressiva. Una cultura, quindi, che nasce essenzialmente dalla “scissione” e dall’armonia perduta e si esprime in un’arte “dissonante” e lontana dall’equilibrio. L’uomo contemporaneo con la tragica consapevolezza dell’esilio dalla natura e la nostalgia dell’equilibrio perduto non riesce più a essere “sentimentale”. Nel 1978, con il Manifesto del Rio Negro, Pierre Restany sentiva la necessità di chiedersi: “Quale tipo di arte, quale sistema di linguaggio può suscitare un simile ambiente? Di certo un naturalismo di tipo essenzialista che si oppone al realismo della tradizione realista. Il naturalismo implica la più grande disponibilità dell’artista e la più grande apertura snaturando il meno possibile. In fondo nello spazio-tempo della vita di un uomo, la natura è la sua misura, la sua coscienza, la sua sensibilità”. Oggi si sente il bisogno urgente di un rapporto più intenso con la natura. Monet, a differenza di tutti gli altri, aveva capito che la pittura non era solo pura percezione della natura, ma anche sensibilità e partecipazione. Solo in questi ultimi anni si nota il tentativo da parte di alcuni giovani artisti di instaurare un “rapporto nuovo” con il mondo naturale, forse per tentare di ristabilire qualche equilibrio irreparabilmente infranto o per recuperare zone di immaginario perduto. Uno di questi giovani artisti è Gabriele Jardini. L’artista, per creare ha bisogno di varcare la soglia che lo divide con la natura e ritrovarsi immerso totalmente in essa. L’artista lombardo non desidera utilizzare solo gli occhi, ma tutti i sensi, il suo stesso corpo. Jardini ha compreso che la natura, per essere veramente capita ha bisogno della partecipazione attiva e quindi il coinvolgimento e lo sprofondamento dei sensi. Entrare nella natura significa attivare un dialogo utilizzando tutte le abilità e le strategie possibili. L’artista, totalmente immerso in quella “simbiosi” di natura e sensibilità, studia l’armonia che governa la natura, in attesa di qualche suggestione, che prontamente utilizza. La realtà dell’immagine che ne viene fuori coincide perfettamente con la realtà della natura; una natura profonda, delicata, musicale, sospesa nella sottile vertigine dell’evento. Jardini non vuole più vivere dentro il vuoto della cultura della nostra società, desidera autocollocarsi in posizione critica interrogandosi sulla propria funzione d’artista e sulla necessità espressiva di utilizzare una coscienza planetaria capace di svelare le straordinarie possibilità che la natura ancora ci offre. Ormai il suo laboratorio di ricerca è la natura; quando l’artista s’insinua tra i boschi di Gerenzano o della vicina Svizzera, il suo corpo incomincia a vibrare, a tendersi, diventa egli stesso foglia, ramo, rugiada. Dentro il suo “laboratorio verde”, in rapporto al luogo, trova sempre gli stimoli adatti e le suggestioni per definire i suoi “concetti d natura”. Sono convinto che Jardini non può più fare a meno della natura, non può immaginare l’opera prima nel mondo poetico e poi nel mondo fisico; sono due cose che deve relazionare nel momento stesso ch’è a contatto diretto con il paesaggio, in stretta sintesi tra natura e creatività. Certamente, ha bisogno di sentirsi addosso gli umori della natura, l’odore della terra, i ritmi naturali. Dentro il bosco, dal contatto tra la mano, la mente e gli elementi della natura, nasce un dialogo solitario, che spinge l’artista a inconsueti gesti, come per esempio assemblare le foglie tra loro, intrecciare i rami o incollare le parti di un corpo vegetale utilizzando le spine di robinia che trova facilmente in natura. Dall’osservazione attenta dei fenomeni naturali fa nascere misteriosi segnali poetici, variazioni ritmiche cariche di silenzio che vengono disseminati nello spazio del reale. Jardini ha la capacità insolita di “sintetizzare” gli svariati elementi che trova in natura, creando installazioni molto precarie, quasi sempre soggette a distruzione; a volte basta un piccolo gesto della mano o persino un soffio leggero per rompere l’incantesimo e spegnere la poesia. Per lui è fondamentale “imitare” i processi che avvengono in natura, studiare la caduta, la concentrazione e il diradamento delle foglie; la “mimesi” diventa prerogativa essenziale per dialogare con la natura. Dall’osservazione dei meccanismi che interagiscono in natura, dall’integrazione degli elementi naturali “raccolti”, nascono le suggestioni che spingono l’artista a realizzare determinati “gesti poetici”, per esempio: dal ritrovamento di alcune pigne è nata la necessità di farle roteare sulla sabbia allo scopo di riattivare una vasta zona di superficie naturale, ottenendo impronte abbastanza precarie, la scoperta di una grande ragnatela ha persino suggerito all’artista l’innesto di una serie di fiori secchi attorno alla sua circonferenza, seguendo un ordine e un ritmo tutto musicale, per divenire una sorta di corona sospesa nel vuoto. Il lavoro di Jardini, per vivere ha bisogno di ritrovare la sospensione dell’evento, “l’altra parte dell’ombra” ovvero la parte oscura e misteriosa del reale. I suoi eventi sono, in definitiva, apparizioni di tipo visionario che vogliono creare il sortilegio e condividere l’urgente bisogno di un rapporto immediato con la natura. La capacità di voler comprendere, sentire e intervenire, sono le uniche possibilità che l’uomo contemporaneo ha ormai a disposizione per risolvere i suoi problemi; questo è quello che Jardini tenta di rivelarci. Sandro Bongiani




Chi è Gabriele Jardini?


Gabriele Jardini nasce nel 1956 a Gerenzano, si diploma al Conservatorio di Brescia in Direzione di Coro e Canto Corale. La sua attività artistica inizia nel 1981 e dal 1985 lavora direttamente nell’ambiente naturale interagendo con il luogo ed i suoi materiali, spesso creando scultura effimere e caduche per poi fotografarle, unico documento che testimoni la loro breve esistenza. Dal ‘90 al ‘97 frequenta Enrico Baj. Nel 1995 fonda il Movimento Anaconcettuale. Nel 1994 e nel 2004 partecipa ad Arte Sella, la prestigiosa Biennale Internazionale di Arte nella Natura in provincia di Trento curata da Vittorio Fagone. Tiene personali al Museo di Scienze Naturali di Trento, alla Galleria Cavellini-Cilena di Milano, al Museo Ken Damy di Brescia, Photology a Milano, Artelife a Venezia e in numerose altre sedi espositive. E' presente poi ad Architettura e Natura, alla Mole Antonelliana a Torino, nei Musei di Scienze Naturali di Vienna e Berlino, all’Accademia Carrara di Bergamo, al Museo d’Arte Moderna Pagani a Castellana, all’Arengo del Broletto di Novara, alla Galleria D’Ascanio di Roma. Nel 2002 è tra i vincitori del Premio Biennale d’arte Donato Frisia, alla sua III° edizione. Nel 2007 è stato prodotto il portfolio “Ecosculture 1992-2007”: una raccolta di sue immagini per le edizioni del Museo Ken Damy.