domenica 1 maggio 2016

WHAT WOULD YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH BEUYS / Marcello Francolini


Presentazione

What would you put in the hat of Joseph Beuys.
Testo di Marcello Francolini, critico d’arte,  aprile 2016




L’operazione che andiamo qui a presentare è stata ideata e curata da Giovanni Bonanno, che attraverso lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery presenta il suo progetto Internazionale di Mail Art che, a sua volta, andrà ad alimentare la Collezione Bongiani Ophen Art Museum di Salerno. Questa realtà, da anni, si muove nell’immaterialità della rete facendo dell’immanenza uno spazio concreto di riflessione.

Perché un cappello per ricordare Joseph Beuys?
Non poteva che esserci immagine più fedele di quella di un cappello per essere sicuri di esprimere parole-immagini intorno alla figura di Joseph Beuys. Considerandolo come il cappello, e non tanto un cappello, allora si potrebbe convenire che è proprio quel cappello che indossava sempre e ora non più. È ciò che resta oggi, come l’ultimo è più vero luogo del suo corpo.

“Ricoprirono il mio corpo di grasso per rigenerare il calore e l’avvolsero nel feltro per conservarlo”.

Fu così, che i Tartari lo raccolsero, accogliendolo nella loro natura medicinale, lo resuscitarono, rialzandolo a nuova vita, il 16 marzo del 1944.
Così scriveva l’artista nel suo Curriculum vitae/Curriculum delle opere, con il quale, in una sorta di mito delle origini, ricostruì una sua seconda vita, a partire dall’istante in cui tutto aveva avuto inizio. Portò da allora sempre con sé, feltro e grasso.
Ora quello stesso feltro è materiale del suo cappello, protegge il capo come protesse il corpo. Lo stesso cappello che ora mantiene in caldo i pensieri, rilascia quello stesso odore di feltro che annusò in Crimea nascendo daccapo. È così che il cappello a Beuys servì per ricordarsi di sé ovunque, qualcosa come un peso sul capo per tenerlo radicato alla terra, la sua terra propria. La sua Heimat.
Quel cappello è ciò che di più proprio c’è di Joseph Beuys.
Per comprendere quindi la sua opera e poterne dare un giudizio è assolutamente necessario non limitarla in chiave formale, ma considerarla profondamente nella sua totalità. Egli ricercava attraverso la realtà una via di accesso alla verità attraverso se stesso e la natura. Allora appare evidente che il cappello spostando l’attenzione sull’uomo, in quanto sottende ad un corpo che deve indossarlo, rimarca proprio che il pensiero dell’artista è connesso indissolubilmente alla sua vita, alla sua carne.

Perché fare una mostra sul cappello di Joseph Beuys?
Potremmo iniziare con lo specificare che più che il cappello si tratta dell’immagine del cappello, nello specifico è un cappello capovolto il cui fondo è quello spazio di pertinenza di scambio in cui gli artisti sono chiamati a entrare.
Così posto, il cappello, sembra migrare in una forma vascolare, mostrarsi per allegoria, come una giara da cui attingere o versare pensieri che allo stesso tempo sono altrui e personali (in un rimando incessante di sovrapposizioni che alla base rappresentano l’humus del comunicare con).
Ricordando la frase di Beuys più volte rimarcata, da una sua profonda conoscitrice, Lucrezia De Domizio Durini:

“Non si conserva un ricordo si ricostruisce”
Rolando Zucchini ad esempio colma proprio quel fondo, il colore che n’esce dilaga silenzioso quasi provenisse da dentro. Quasi raggiunto l’orlo, questo verde bluastro turchese si rafferma come fosse una lastra che chiude, o comunque mantiene ben coperto qualcosa che è sotto, forse il pensiero di Beuys così legato all’essenza stessa dell’artista (il cui capo conservava gelosamente nel cappello).
Su questa modalità “del riempire” segue Anna Boschi, che fa del contenitore del pensiero beuyssiano, un reliquiario con le sue opere-concetti, scaturiti proprio da quel pozzo di acque intuitive. Gino Gini, imbarca il cappello copri capo proteggi idee in un mare di parole pensieri. Wolfgang Faller, omaggia l’artista tedesco con una moltiplicazione di “Capri-Batterie” del 1985, aumentando tanti limoni quante idee è possibile ammettere. Umberto Basso lascia, come foglie sull’acqua, a galleggiare sospese le lettere dell’alfabeto. Un’immagine direi di calma in cui i significati non hanno ancora la loro forma verbale e perciò il rapporto coll’esterno passa interamente dal corpo. Andando avanti, tra le opere di Mail Art, troviamo Giovanni e Renata Strada, insieme, marito e moglie, formano il gruppo Stradada. Al cappello in cartolina sono sovrapposte alcune fotografie in primo piano di Beuys, la composizione tende a formare un’immagine di una croce, la struttura pone un equilibrio evidente, gli occhi dell’osservatore convergono naturalmente verso il centro dove incontriamo, con espressione sorpresa, Beuys. “Chi li ha Visti?” scritta sotto l’immagine, rimarca la spesso offuscata e sbiadita idea che avvolge artisti non facilmente classificabili.
Questi artisti descritti, come la maggior parte di coloro, che sono presenti in questa mostra,  potrebbero rientrare in una tipologia del riempimento, inteso come spazio specifico entro cui formalizzare il pensiero, com’è nel caso dell’utilizzo del cappello come spazio per l’azione artistica. L’artista qui, vi si proietta. Purtuttavia ce ne sono stati alcuni che hanno ribaltato tale modalità di lavoro, optando per una tipologia del prelievo. Questi artisti prendono il cappello e lo portano dentro, in uno spazio altrove. È il caso ad esempio di Linda Paoli, che il cappello lo materializza, trasportandolo, con la mano, nei pressi dei luoghi più consoni a quella creatività antropologica di Beuys: Terra, Aria, Acqua. A seguire c’è Antonio Sassu, che risponde con un’azione pratica a un’artista delle azioni com’era Beuys, con le sue “Living Sculpture”. Si pianta, letteralmente nel terreno, la testa è scomparsa sotto, il corpo è verticale con i piedi all’insù, da cui spunta una pianta. Come un’idea che può, solo nascere da un corpo ben radicato sulla terra.

Proprio a tal proposito, della terra, e di Joseph Beuys, potrei, provando a rimestare quei graffi lasciati dagli artisti, contribuire anche io al riempire il cappello:

Piccolo Resoconto su un pensiero di terra
Semplicemente terra.
Non v’è immagine, nel senso comune, che assicura, letteralmente che mette a riparo, il nostro pensare, più d’ogni altra cosa, a una posizione stabile, salda, sicura.
Certo se per terra intendiamo ciò, di contraltare un pensiero di acqua scivolerebbe slegato in superficie, ondeggiando liquidamente da un estremo all’altro.  Un pensiero d’acqua è dato dalla successione di visioni. Esse s’accavallano repentine senza che mai di una,  sia possibile fissare un ricordo. Ogni tentativo di mantenersi stabile è vanificato dalle correnti esterne che l’influenzano e lo soggiogano. Un pensiero di terra, invece, pesa se stesso grazie ad una gravità che lo rafferma. A differenza di un pensiero d’acqua che solo vede, scorrendo, un pensiero di terra guarda, è in guardia alla posizione su cui si mantiene e nella terra si rassicura affinché il pensiero abbia piedi per slanciarsi.

Heimat è, dunque, quel nostro orizzonte che ci assicura a noi stessi. La sua luce ha la stessa consistenza della nostra prima luce mai ancora vista.




Biografia di Joseph Beuys



Alla domanda: perché lei porta sempre il cappello? Beuys rispondeva: “Questo è il tentativo di condurre nell’intero mondo del lavoro l’uomo stesso come concetto di arte. Ciò significa che in questo momento io stesso sono l’opera d’arte”. L’artista tedesco aveva un concetto di estetica  del tutto personale, affermava: “il concetto di estetica nel vecchio senso non è più rilevante. Per me si sviluppa sempre più…  sino ad arrivare al punto in cui estetica è uguale a uomo. L’uomo stesso è estetica.” Il suo modo di presentarsi era il suo modo estetico di essere, era volontà di manifestare in modo visibile il fondamento del suo pensiero essenziale, cioè l’uomo. Di  conseguenza l’abbigliamento era  quasi una uniforme, e il cappello, in particolare, era per ricordare a se stesso e agli altri di avere una testa: la testa è fatta per pensare, per portare luce, la luce del pensiero che  sta in equilibrio sull’asse verticale, sul portamento eretto dell’essere umano. La testa è avere un’idea per cappello.




Joseph Beuys / Biografia
Artista tedesco, nato a Krefeld il 12 maggio 1921, morto a Düsseldorf il 23 gennaio 1986. Conseguita la maturità classica, a Kleve nel 1940 si orienta verso studi di medicina. Pilota in guerra, rimane ferito nella caduta di un aereo in Russia ed è poi fatto prigioniero. Tornato a Kleve, nell'attenzione rivolta alle scienze naturali emergono i suoi interessi per l'arte. Dal 1947 al 1951 frequenta la Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf seguendo corsi di J. Enseling ed E. Mataré. Nel 1967 fonda l'Organisation für direkte Demokratie durch Volksabstimmung e dopo essere stato rimosso nel 1972 per ragioni politiche dall'insegnamento di scultura, svolto dal 1961 presso l'Accademia di Düsseldorf, costituisce una Freie internationale Hochschule für Kreativität und interdisziplinäre Forschung. Tra la fine degli anni Quaranta e i Cinquanta evidenzia, in una figurazione di essenzialità espressionista, lo specifico dei materiali e delle tecniche. Passa quindi all'assemblaggio di oggetti di rifiuto e di sostanze deperibili e povere, pervenendo nel 1962, all'interno del gruppo Fluxus ma con posizione autonoma, alle sue prime ''azioni'' sostenute da una struttura spazio-temporale e con una forte componente magico-rituale e simbolica anche negli elementi esibiti (grasso, feltro, animali e il suo stesso corpo). Negli anni Settanta l'esigenza di dialogo, quasi una vocazione, connota spesso le performances come occasioni per esporre verbalmente la propria concezione politico-religiosa, fondata sulla coincidenza tra autodeterminazione, libertà individuale e creatività. Un’arte intesa come processo catartico e liberatorio svincolato dai tradizionali media che  fa affidamento sul  nesso tra arte-vita-politica alla ricerca di  una nuova possibilità creativa e organizzativa dell'uomo tra spiritualismo mistico e scientismo sperimentale.



 Napoli / Alfonso Caccavale

SALERNO / WHAT WOULD YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH BEUYS


                Sandro Bongiani Arte Contemporanea, Salerno - Italia




Catalogo digitale 
WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH  BEUYS”
free edizione pdf aprile 2016




Catalogo Digitale della mostra  collettiva internazionale  “Add & Return”  a cura di Giovanni Bonanno dal titolo: “WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH  BEUYS” che lo Spazio  Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista tedesco Joseph Beuys in concomitanza con la ricorrenza dei 30 anni dalla scomparsa, (Dusseldorf, 23 gennaio 1986), proponendo una importante mostra collettiva  con  119 artisti di diversa nazionalità. Edizione Collezione Bongiani Art Museum.   free edizione pdf aprile 2016. © Sandro Bongiani Arte Contemporanea – Salerno

Visit.






mercoledì 27 aprile 2016

LE OPERE/ “WHAT WOULD YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH BEUYS”




SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY 2.0
Via S. Calenda, 105/D - Salerno


WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT
OF JOSEPH  BEUYS
Collettiva Internazionale con la partecipazione
di 119 artisti  contemporanei di cinque continenti

a cura di Giovanni  Bonanno
Presentazione  critica di Marcello Francolini

Progetto in collaborazione con l’Archivio Ophen Virtual Art
e la Collezione Bongiani Ophen Art Museum di  Salerno.


Dal 29 aprile 2016  al  27 agosto 2016

Inaugurazione: venerdì  29 aprile 2016, ore 18.00
Salerno Tel/Fax 089 5648159    e-mail:  bongiani@alice.it      
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
                              


S’inaugura  venerdì  29 aprile 2016, alle ore 18.00, la mostra  collettiva internazionale a cura di Giovanni Bonanno dal titolo: “WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH  BEUYS” che lo Spazio  Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista tedesco Joseph Beuys in concomitanza con la ricorrenza dei 30 anni dalla scomparsa, (Dusseldorf, 23 gennaio 1986), 



LE OPERE:























Visita il Catalogo ISSUU
Sandro Bongiani Arte Contemporanea, Salerno - Italia


Catalogo digitaleWHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH  BEUYS”
free edizione pdf aprile 2016

Catalogo Digitale della mostra  collettiva internazionale  “Add & Return”  a cura di Giovanni Bonanno dal titolo: “WHAT WOULD  YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH  BEUYS” che lo Spazio  Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista tedesco Joseph Beuys in concomitanza con la ricorrenza dei 30 anni dalla scomparsa, (Dusseldorf, 23 gennaio 1986), proponendo una importante mostra collettiva  con  119 artisti di diversa nazionalità. Edizione Collezione Bongiani Art Museum.   free edizione pdf aprile 2016. © Sandro Bongiani Arte Contemporanea – Salerno

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lunedì 25 aprile 2016

Salerno / Stazione Marittima di Zaha Hadid





Primo Piano:

La Stazione Marittima di Salerno:  firmata dall’archistar Zaha  Hadid, appare come un'ostrica di luce sospesa tra il cielo ed il mare destinata a divenire importante snodo di passaggio turistico.



Appuntamento  importante a Salerno per la mattinata del 25 aprile, presso il Molo Manfredi con la partecipazione dello studio Zaha Hadid, per una giornata tutta dedicata  all’archistar anglo-irachena  scomparsa  prematuramente all'età di 65 anni. Il mattino  vi sarà  la presentazione ufficiale della Stazione Marittima,  uno degli ultimi interventi architettonici nel nostro Paese, con  una lectio commemorativa  di  Stefano Boeri, mentre Il pomeriggio ci sarà  la  commemorazione ufficiale al Teatro Municipale Giuseppe Verdi con la presenza di importanti architetti,  ingegneri internazionali per rendere omaggio alla memoria di una delle più geniali protagoniste dell’architettura e dell’urbanistica contemporanea. La sua creatività ha spaziato oltre che l’architettura e la progettazione d’interni, in ambiti diversi fino a trattare il design dei prodotti industriali e persino la moda, progettando cose diverse come un'automobile a tre ruote, mobili, scarpe e persino  rubinetti. Nel 2004, Hadid è diventata la prima donna a vincere il Premio Pritzker di Architettura, vinto ancora per altri due anni: nel 2010, per una delle sue opere più celebri, il MAXXI, il nuovo centro per le arti contemporanee, a Roma, nel 2011 per la Evelyn Grace Academy, una scuola con forme a Z a Brixton, Londra.  Personaggio di spicco dell’architettura Post-Decostruttivista,  Zaha Hadid è considerata uno degli architetti più visionari ed influenti del nostro tempo con una progettazione che oscilla tra realtà ed evanescenza.


La stazione marittima  di Salerno è situata nel molo Manfredi, tra il porto commerciale e il lungomare cittadino ha il compito di guidare i passeggeri attraverso tre punti focali: la biglietteria, il ristorante e la sala d’attesa.  E’ stata realizzata  in cemento, vetro e una copertura in ceramica  e si sviluppa su una superficie di 4.500 mq distribuiti su due livelli divisi in tre blocchi connessi tra di loro: gli uffici amministrativi, il terminal per i traghetti e quello per le navi da crociera.    Di notte, poi,  la stazione con la sua particolare illuminazione  fungerà  da ideale faro per l’antico porto.  Lo studio Hadid ha definito l'opera come "un'ostrica con un guscio duro esterno che racchiude elementi fluidi e morbidi all'interno; una copertura "temprata che costituisce uno scudo protettivo dall'intenso sole del Mediterraneo". La stessa Hadid aggiunge: “entrando in uno spazio architettonico le persone dovrebbero provare una sensazione di armonia, come se stessero in un paesaggio naturale.” Con le sue linee sinuose il terminal sancisce il passaggio dalla terra al mare, dal solido al liquido sia esteticamente che funzionalmente, rafforzando l'intima relazione tra la città e il fronte di mare attraverso un disegno innovativo.  


Tutto il lavoro di Hadid nasce prima di tutto dalle profonde suggestioni che la legano alla sua terra d'origine e poi da un nuovo modo di concepire lo spazio, dove il rifiuto dei metodi tradizionali di rappresentazione si fonde alla ricerca di forme nuove e complesse elaborazioni digitali.  Infatti, la scrittura progettuale di Hadid si muove essenzialmente tra due tendenze architettoniche: il Decostruttivismo da una parte e il Parametricismo dall'altra. Il Decostruttivismo è una corrente architettonica diffusasi in Europa agli inizi degli anni ottanta del Novecento, che sosteneva il rifiuto dei concetti di equilibrio, armonia, purezza e coerenza formale, tipici della tradizione del moderno. La più recente tendenza parametrica, invece, vede la progettazione affidata ad avanzate tecnologie digitali, dove l'utilizzo di specifici software consente la creazione di forme molto complesse che sfidano la tradizionale geometria euclidea.




Ultima considerazione riguarda la serie di lavori richiesti da lungo tempo da parte delle precedenti amministrazioni comunali a importanti archistar per un ipotetico  programma di riqualificazione urbanistica e rilancio socio-economico di Salerno sviluppatosi negli anni a macchia di leopardo in modo incontrollato e  con diverse opere ancora incompiute. Un programma ambizioso che si è avvalso della collaborazione di alcune delle più importanti firme dell'urbanistica e dell'architettura contemporanea come Oriol Bohigas redattore del Piano Regolatore, David Chipperfield progettista della Cittadella Giudiziaria, Ricardo Bofill che ha disegnato il Crescent e la Piazza della Libertà adiacenti la Stazione Marittima, Santiago Calatrava autore del porto turistico  Marina d'Arechi, con interventi  spesso contraddittori che di fatto  lasciano abbandonati al proprio destino importanti zone della città mettendo in mostra solo i  pochi gioielli di famiglia.   Sandro  Bongiani






Caratteristiche tecniche
Stazione Marittima Salerno di Zaha Hadid

Total site area (Superficie totale del lotto) : 4,600 m2
New exterior spaces (Superficie spazi esterni di nuova creazione): 1,600m2
Total floor area (Superficie calpestabile): 4,500 m2
Floors (Piani/livelli): 3
Maximum height (Altezza massima): 13,5 m
Length of cantilever of interior ramp (lunghezza sbalzo rampa interna): 20 m 

Length of the building ( lunghezza edificio ) 97 m

Landscape(paesaggio): 42 m

Program (funzioni)
Maritime Terminal for ferries and cruise liners
With Lounge, check-in area, security control area, passport control area, luggage reclaims
Health, Safety and security offices
Commercial area
Terminale marittimo per traghetti e navi da crociera comprendente: sala di attesa, accettazione, area controlli di sicurezza, area controllo passaporti, area smistamento bagagli, uffici, spazi commerciali.

Construction Data (Dati costruttivi):
Total surface of fair-faced concrete (Superficie cemento a vista) : 12,000 m2
Total surface area of glazing (Superficie vetrata): 2,260 m2
Concrete cast in-situ (Gettata di cemento, non prefabbricato) : 9,200 m3
Concrete cast in-situ for roof (Gettata di cemento continua per copertura edificio, non prefabbricato): 936m3
Total Steel used for structure (Acciaio strutturale): 400 tonnes







Biografia di Zaha Hadid
Nata a Baghdad, in Iraq, da una famiglia benestante (il padre era un ricco industriale e un importante politico), è cresciuta in uno dei primi edifici bauhaus di ispirazione a Baghdad durante un'epoca in cui "modernismo significava glamour e pensiero progressista" in Medio Oriente. Ha conseguito una laurea in matematica alla American University di Beirut prima di trasferirsi a Londra, nel 1972, per studiare alla Architectural Association, dove ha incontrato Rem Koolhaas, Elia Zenghelis e Bernard Tschumi. Dopo aver conseguito il titolo ha lavorato con i suoi ex professori, Koolhaas e Zenghelis, presso l'Office for Metropolitan Architecture (OMA), a Rotterdam, nei Paesi Bassi, diventando socia nel 1977.  Attraverso la sua associazione con Koolhaas, ha incontrato Peter Rice, l'ingegnere che le ha dato sostegno e l'ha incoraggiata nella fase iniziale, in un momento in cui il suo lavoro sembrava difficile. Nel 1994 ha insegnato alla Graduate School of Design dell'Università di Harvard, occupando la cattedra che fu di Kenzo Tange. Nel 1980 fonda il suo studio, con sede a Londra. Dagli anni ottanta insegna alla Architectural Association.  È scomparsa nel 2016 all'età di 65 anni, a seguito di un attacco cardiaco mentre era in ospedale a Miami, dove era stata ricoverata per una bronchite.







sabato 23 aprile 2016

Parole S/Velate": mostra di Anna Boschi alla Rocca di Riolo Terme








ROCCA SFORZESCA DI RIOLO TERME – Museo del Paesaggio dell’Appennino Faentino – Museo di Storia – Piazza Ivo Mazzanti





Artista : ANNA BOSCHI – nata a Bologna e residente a Castel S.Pietro Terme - Bo.
mostra : “PAROLE S/ VELATE” - Immagine e parola nelle opere di Anna Boschi
Luogo: ROCCA SFORZESCA DI RIOLO TERME – Museo del Paesaggio dell’Appennino Faentino – Museo di Storia – Piazza Ivo Mazzanti 
Periodo di esposizione: dal 23 Aprile all’8 Maggio 2016
 – Inaugurazione : sabato 23 Aprile - ore 17
Documentazione: nel corso della mostra …..




Dal 23 aprile all'8 maggio la Rocca trecentesca ospiterà una mostra dedicata alle immagini e alle parole nelle opere di Anna Boschi. Le opere scelte per essere esposte afferiscono al prezioso ciclo delle Scritture realizzate dall’artista all’inizio di questo III millennio. Attiva sin dalla fine degli anni Sessanta, Anna Boschi si è distinta nel variegato panorama artistico bolognese per la molteplicità dei suoi interessi e la pecularietà della sua ricerca espressiva. Pittrice, artista verbovisiva, performer e organizzatrice di attività espositive, non ha mai disgiunto la sua creatività dall’impegno sociale e civile…………
Il leitmotiv del ciclo delle Scritture è la lapidaria chiarezza della parola. Epigrafi contemporanee, le opere si annodano in questa suite come i versi di una lirica esistenziale, come le frasi musicali di un poema sinfonico, come gli aloni segreti di quadri rimossi da vecchie pareti, come polaroid vivide che fermano per sempre attimi che, se sbiadiscono sulla carta emulsionata, restano indelebili nella nostra pertinace memoria…… Mauro Carrera




le  "Scritture" eseguite  da Anna Boschi tra il 2000 e il 2006, di dimensione 155x95  sono esposte tra una finestra  e l’altra a dialogare con lo spazio della Rocca Sforzesca di Riolo Terme.




La mostra proseguirà fino all’8 Maggio 2016 con il seguente orario : giovedì, venerdì, sabato e domenica ore 10–13 / 14,30-18,30 - (per informazioni tel. 0546-71025)

       
Le altre opere  di Anna Boschi 
   
           
       
 












Anna Boschi
Inizia il suo percorso alla fine degli anni Sessanta e, dopo un periodo di sperimentazione di tecniche e materiali vari, approda ad una ricerca incentrata principalmente sul rapporto parola-immagine e sul segno-scrittura. Espone dal 1974 e dal 1982 si dedica esclusivamente a questa attività. A tutt’oggi ha al suo attivo circa Sessanta personali e numerose mostre di gruppo in Italia e all’estero. Dal 1992 al 1996 e dal 1998 al 2004 è presente in tutte le Fiere d’Arte nazionali con la Galleria Vittoria di Roma e Marchese Arte Contemp. di Prato e nel 2011 e 2013 è presente all’Arte Fiera di Bergamo, a Fiera d’Arte Longarone e a “Contemporanea” di Forlì con Marcantoni Arte Contemporanea di Pedaso-FM e nel periodo aprile-maggio del 2011 viene allestita  presso quest’ultima Galleria la sua personale “CALLIGRAFIE”, con testi in catalogo di Mauro Carrera e Lamberto Pignotti. Le sue opere sono presenti in modo permanente in diverse collezioni pubbliche e private.

Mostra segnalata dall'Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

lunedì 11 aprile 2016

BARCELLONA / IX FESTIVAL del Libre d'Artista, 2016



BARCELLONA / IX FESTIVAL
del Libre d'Artista Petita Edicio 2016 






Partecipazione di MAURO MOLINARI




MAURO  MOLINARI, Con “Trasloco” 2014
Libro-oggetto es. unico pop-up
16 pag. illustrate
cm 23 x 17



Mauro Molinari / BIOGRAFIA

 Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2013 partecipa ai  Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003  sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Nel 2011 e 2012 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2013 personale alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista. 


Presente su “La Storia dell’Arte Italiana del ‘900” di Giorgio Di Genova, edizioni Bora.  Nel 1994 ha creato la collana editoriale “Orditi& Trame”, a tutt’oggi sono stati pubblicati 18 volumi diversi a tiratura limitata con interventi d’artista.  Nel 2011 ha creato la collana “I Libri di Castello” (libri d’artista) esemplari unici con illustrazioni originali.  Sue opere e pubblicazioni sono in istituzioni, musei e collezioni pubbliche e private.  Per quotazioni catalogo CAM Mondadori, artista segnalato nel 2013.  

Studio/Archivio: via Paolina, 25 - 00049 Velletri (RM) ITALIA (cell. 328 6947561)     
e-mail: arte@mauromolinari.it web: www.mauromolinari.it    
www.galleriabaccinatechne.it/mauro-molinari.html 

sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm